Autostima e personalità.

Autostima : un aspetto della personalità che concerne le percezioni, le valutazioni e perciò le disposizioni delle persone nei confronti di esse. Si tratta di un tema molto vasto, comprensivo di argomenti trasversali ed è fondamentale per capire che cosa contiene, guida, motiva la condotta, gli stati d’animo e le passioni. Sto parlando del Sé e con tale termine mi riferisco ad un insieme di proprietà e caratteristiche che rendono unico ogni essere umano come avere coscienza di sé, riflettere e dialogare con se stessi, rivivere il passato o proiettarsi nel futuro.

D’altro canto è fondamentale anche quanto riteniamo di valere perché questo contraddistingue le relazioni con gli altri. Ognuno sa quanto sia importante essere soddisfatti di sé, sentirsi all’altezza delle situazioni, ritenere di valere o che le proprie idee abbiano valore. Tradizionalmente si è distinto tra esperienza di sé e rappresentazione di sé, ma ancora non è chiaro quali siano gli elementi in comune ed i sistemi psichici sottostanti, ma senza di essi non potremmo dare senso alla nostra vita e a quello che facciamo.

Nonostante si possa sentire o pensare le stesse cose nessuno può sentire o pensare allo stesso modo di un altro individuo. Le rappresentazioni mentali hanno un ruolo determinante per gli individui. Le occasioni che si offrono e che si sanno cogliere hanno un ruolo determinante nel promuovere le potenzialità individuali. Gli atteggiamenti di maggiore o minore indulgenza verso se stessi, la convinzione di essere in grado di gestire le varie situazioni, i desideri di essere lodati, accettati o i timori di non esserlo, l’importanza che diamo al  prestigio, al rispetto sono i vari modi in cui esprimiamo la nostra personalità.

La forza di volontà:  quando il desiderare si trasforma in riuscire

Le persone sono generatori di bisogni, di valori, di scopi. Ciò che le persone fanno raramente riflette semplici concatenazioni causa-effetto. In genere la maggior parte delle azioni è l’esito di un giudizio ed è sorretta da una determinazione rispetto agli scopi da privilegiare, le risorse da impiegare e alle modalità da seguire. La tendenza ad agire che si traduce in azione è la risultante di uno o più sistemi motivazionali che hanno finito con il convergere e col prevalere su altri nel prendere il controllo sull’azione.

All’inizio la persona avverte, interpreta ed organizza molteplici sensazioni , sollecitazioni, richieste che costantemente e spesso indistintamente vengono generate dal proprio organismo e fornite dall’ambiente in cui si vive.. Quindi riconoscere i bisogni, assegna un ordine di precedenza ai vari motivi, si dà delle ragioni, si prefigge degli scopi e si rappresenta svariate possibilità di azione.

Solo in parte tuttavia la decisione presa e l’intenzione che la presidia sono sufficienti a preservare la determinazione necessaria lungo tutto il corso dell’azione sino al conseguimento delle mete fissate. Le intenzioni dischiudono la via della soddisfazione ad aspirazioni e preferenze , ma non ne assicurano la realizzazione.

Quali sono quindi i processi che assicurano che un’intenzione si traduca in una realizzazione? Ecco che entra in gioco la volontà. Il successo non sempre è delle persone  più capaci, più ispirate o più entusiaste, frequentemente lo è delle persone volenterose, tenaci e coscienziose.

Il concetto di volontà più risultare sospetto perchè evoca esortazioni ed  ammonizioni, ma ci dobbiamo riferire ad essa come a tutti quei processi che permettono di avviare e dirigere l’azione mantenendo sotto controllo quei fattori interni che possono interferire  con l’esecuzione di un piano.

La forza di volontà si misura dalla capacità di controllare i propri pensieri, le proprie emozioni e le proprie azioni in funzione del raggiungimento degli scopi. Imputiamo alla mancanza  di volontà il persistere di abitudini dannose e all’incapacità di sottrarsi a dipendenze come le droghe, l’eccesso di cibo, le cattive compagnie. Facciamo appello alla volontà per migliorare il rendimento scolastico, nel lavoro, per preservare una relazione affettiva e prendiamo a modello chi pur in presenza di ostacoli ed imprevisti riesce ad onorare i prpri propositi.

Da G.V. Caprara “ Motivare è riuscire” ed. Il Mulino

Chi segue una dieta corretta non ha mai fame

Avete fatto caso che se siete al cinema o davanti al pc con un sacchetto gigante di pop corn o patatine andate avanti fino alla fine del film o del lavoro? Oppure smettete solo quando è finita la confezione. Se invece il pacchetto fosse composto da mandorle o carote dopo un pò smettereste. Questo accade perchè i grassi , le proteine e le verdure inducono un senso di sazietà più elevato rispetto ai carboidrati che invece stimolano la fame. Diventa necessario quindi evitare di sgranocchiare grissini e crackers per calmare la fame.

Chi segue una dieta più equilibrata gode del beneficio di non avere mai fame poichè evita i picchi glicemici indotti da un’alimentazione sbilanciata. Un’alimentazione equilibrata permette di affrontare tutte le necessità energetiche della giornata. Chi mangia sano ha meno probabilità di ammalarsi perchè non vengono sovraccaricati gli organi emuntori, i cataboliti di scarto vengono eliminati regolarmente a beneficio della salute.

coperina per aticolo psy alimentazione

Evitate tutte le bevande zuccherine e limitatene l’uso nel caffè. Imparate a bere senza zucchero latte e tè, vi sbalordirete di quanto sia facile! Il difficile sarebbe ritornare a prendere le stesse bevande zuccherate. Naturalmente dolci e alcolici sono banditi, se non in circostanze eccezionali, ma che lo siano davvero!

In breve ricordate che la dieta ideale deve essere semplice, non deve causare cali energetici, non deve causare mai fame. Per mantenersi in forma è necessario scegliere cibi nutrienti, evitare i cibi raffinati e variare spesso i cibi!

Lo sbilanciamento della dieta può essere provocato da mancate o errate informazioni sugli alimenti ed i loro componenti oppure in caso di corrette conoscenze a ritmi di vita stressanti ed irregolari e ad ansia. In questo caso prima di mettersi a dieta è meglio fare una valutazione psicologica per imparare a gestire e conoscere le cause di ansia e stress che provocano l’aumento di peso.

 

 

Il mio bimbo è mancino va corretto?

Il mancinismo è la tendenza ad usare, in parte o del tutto, il lato sinistro del corpo per compiere movimenti e gesti automatici e volontari. Si osserva da una serie di movimenti quotidiani: con quale mano ci si abbottona un vestito, se si stringe con la destra o la sinistra, se si utilizza il piede sinistro per calciare un pallone, come si accavallano le gambe ecc. L’essere destrimane/mancino non è testato e determinato dalla mano/piede che si utilizzano per la maggior parte del tempo (per scrivere, mangiare, guidare), ma da gesti che si compiono con una frequenza e durata molto minori.

Destrimane o mancino è una proprietà dei singoli organi (dominanza emisferica, dominanza dell’arto, dominanza oculare): nel corpo molti organi sono doppi, e uno dei due è dominante sull’altro. È possibile essere destrimani nelle mani, mancini nel piede e nell’occhio dominante: non c’è un organo più importante degli altri che definisce una persona nel suo complesso come destrimana o mancina, se non la semplice conta e prevalenza numerica degli organi dominanti destri (o sinistri), che determinano la prevalente attività dell’emisfero cerebrale sinistro (o destro). Altri movimenti meno indicativi del mancinismo sono: con quale mano si scrive e impugna la forchetta per mangiare, carica il pugno, si schiaccia e batte la palla, ci si pettinano i capelli e si lavano denti, si allacciano le stringhe delle scarpe, si tiene l’ombrello, quale orecchio si preferisce per parlare a una persona, quale mano si pone per prima nel nuoto a stile libero. Il lato sinistro del cervello controlla la parte destra del corpo e quello destro controlla la parte sinistra del corpo.

Può accadere che osservando le attività del bambino notiate che tende ad usare più spesso la mano sinistra rispetto la destra nel compiere azioni comuni. Se ha oltre i 18 mesi di età probabilmente il bambino è mancino. Le tendenze di questi ultimi anni sono a favorire l’utilizzo della mano più idonea al bambino senza forzature nel correggerlo. Una correzione potrebbe risultare addirittura dannosa poichè potrebbe generare ansia e senso di inadeguatezza e sfiducia rallentando i processi di apprendimento di abilità quali la scrittura.Il mancinismo non è più considerato un difetto  e gli studi dimostrano che non sussistono effetti negativi per lo sviluppo intellettivo e motorio.

Gli unici aspetti negativi derivano dal fatto che alcuni utensili di uso comune sono creati per destrimani quindi l’uso di forbici o temperino possono risultare scomodi. Ad ogni modo in commercio esistono utensili realizzati proprio per destrimani che possono mitigare alcune difficoltà.

Dar (dolore addominale ricorrente)

Tra i disturbi più frequenti tra i bambini indica un sintomo che può avere tante cause. Quando un figlio lamenta dolore all’addome il compito del genitore non sempre è facile. Spesso, specie per i più piccoli, non è facile descrivere ciò che provano. In molti casi a provocare questi mal di pancia ricorrenti possono essere alcune emozioni vissute dal bambino che trasferisce il malessere dalla mente al corpo. Naturalmente prima di pensare ad una causa psicologica bisogna escludere una causa fisica. In collaborazione con il pediatra si cercherà di stabilire localizzazione, intensità e durata del sintomo ed eventualmente procedere a degli accertamenti. Se vengono esclusi calo di peso, risvegli improvvisi, presenza di vomito o diarrea , febbre ed il dolore non è ben localizzato si può prendere in considerazione una problematica di origine psicologica.

Nella prima infanzia i bambini non hanno strutturato i processi di elaborazione ed è difficile spiegare sensazioni ed emozioni; spesso è il corpo a parlare manifestando dei segni fisici. Ad una attenta diagnosi non è raro notare gelosia, rabbia, paura durante la separazione dai genitori, difficoltà con i coetanei. Il Dar è comunque un disturbo a tutti gli effetti   e va affrontato poichè la sofferenza è reale.  In questo caso l’atteggiamento del genitore è molto importante: ascoltare il bambino, dedicandogli attenzioni e tempo evitando di minimizzare il problema, ma dando il necessario contenimento.

Avere il cancro : l’importanza di un progetto

Sì ho scritto cancro. Ho scritto cancro volutamente. Non certo per insensibilità, ma per onestà del vero. Cancro una parola che spaventa, ma che per combatterla deve essere vista in faccia e quindi chiamata con il suo vero nome senza nascondersi dietro inutili addolcimenti. Qualcuno dice che scoprire di avere un cancro è come trovarsi in un terremoto. Paura, ansia , depressione sono solo alcune delle terribili sensazioni vissute  dalla persona a cui viene diagnosticato il cancro.

Non è mai il momento giusto per una diagnosi del genere , anzi è sempre quello sbagliato. Non esiste il momento giusto per interrompere la tua vita. Sì interrompere perchè per un periodo più o meno lungo si vivrà con la sensazione di essere in sospeso che ogni pensiero ed azione riguardi solo la malattia. La malattia con le sue visite specialistiche, le terapie, gli interventi, la riabilitazione guadagna rapidamente la priorità su tutto il resto. Il  lavoro, le cene con gli amici, le vacanze e a volte anche il pensiero della famiglia passano in secondo piano.

In questo particolare momento “spazio temporale” accadono comunque tantissime cose ed ognuno riesce a vederle con occhi diversi. Non di rado ho assistito a cambiamenti importanti da parte di persone che erano molto diverse rispetto all’inizio della malattia. Cambiano le priorità della vita, spesso si rivedono situazioni che si davano per scontate, ci si ricrede sulla fiducia nelle persone.

donne in rosa

Affrontare il cancro significa anche mutilazioni, caduta dei capelli, dolore fisico che possono creare depressione e sfiducia nel futuro. Quando si riesce ad elaborare il vissuto della malattia affrontando proprio dolore e paura  la voglia di vivere ed il proiettarsi verso il futuro prevalgono migliorando la qualità della vita. Ogni volta che si farà lo sforzo di prendere in mano la propria vita in modo consapevole si farà un passo avanti: dedicandosi a se stessi con rispetto e gioia si allontana la rassegnazione.

Un atteggiamento autentico e positivo migliora la propria esistenza. A volte le cose non saranno come si erano lasciate, bisogna accettare il cambiamento e ri-settarsi con nuovi pensieri, nuove abitudini e nuovi obiettivi. In questi momenti in cui alla stanchezza psicologica si aggiunge anche quella fisica occorre venire a patti con queste emozioni, senza farsi, però, sopraffare dallo sconforto. La famiglia, gli amici, ma anche persone che hanno attraversato o stanno attraversando il tuo stesso cammino rappresentano un vero e proprio cuscino di protezione.

Non avere paura di chiedere aiuto, chiedi ogni volta che hai un bisogno. Se sei in grado di farlo da solo però fallo, perchè questo ti darà fiducia, ma senza “strafare”. Trova il tuo equilibrio tra il supporto esterno e quello interno : non per tutti è uguale. Ognuno svolge un ruolo fondamentale nel determinare il suo stare bene con i propri sentimenti, atteggiamenti verso la vita e verso la malattia, nei rapporti con gli altri, il lavoro.L’individuo partecipa attivamente ai suoi processi di salute o malattia. Per questo non esistono formule magiche valide per tutti.

Nella mia esperienza clinica avere di fronte un obiettivo è comunque fondamentale. Che sia la ricostruzione del seno dopo un intervento invalidante, che sia il recupero funzionale di un arto, che sia il diventare mamma o sposarsi o fare un viaggio insomma un obiettivo importante che porti energia ed immagini mentali positive è determinante in ogni fase della malattia.

Ho conosciuto persone fantastiche che sebbene fossero in stadi difficili della malattia continuavano a dedicarsi al prossimo cercando con l’esempio di alleviare le loro sofferenze. Alcune facevano visite in ospedale o si facevano carico di piccole incombenze, altre partecipavano in modo attivo ad associazioni e gruppi di supporto, altre si sono dedicate alla raccolta fondi. Ognuna di queste azioni richiede energia , tempo e fatica, ma funzionano anche all’inverso come “ricarica” emotiva ed emozionale per sentirsi vivi, utili ancora in grado di contrastare il futuro e questo aiuta, aiuta esattamente quanto le medicine.

 

*nella foto la Race for the Cure con volontari e sostenitori della Komen Italia per la prevenzione ed il sostegno del tumore al seno.

 

 

 

Non è quello che volevo dire…

Sarà capitato a tutti di aver avuto l’impressione di aver parlato chiaro, ma dalla risposta che ricevete vi rendete conto che non è così. Un commento innocente scambiato per un’offesa, un’offerta di aiuto respinta in malo modo. Capita a tutti di venire fraintesi, ma si verifica anche il contrario!

La comunicazione umana è qualcosa di molto complesso non è ha un’ interpretazione fissa per ogni simbolo come nel codice Morse. E’ quindi impossibile non associare un significato a ciò che vediamo, udiamo o percepiamo. Siamo da una parte comunicatori ,ma anche ascoltatori. Il malinteso è il prezzo che paghiamo per la nostra capacità di trasmettere e ricevere. A pensarci bene considerando le infinite variabili è quasi un miracolo che riusciamo a capirci.

Quando si comunica lo scopo è quello di trasmettere un significato,ma come possiamo essere sicuri di esserci riusciti? Il significato della comunicazione sta nella risposta che ricevete!

Riuscire ad eveitare malintesi è possibile prestando molta attenzione alla risposta del nostro interlocutore. Solo così possiamo cogliere un eventuale errore e correre ai ripari. Fondamentale negli affari, ma indispensabile per ogni tipo di relazione.

Quante volte le stesse incomprensioni con amici e familiari si ripresentano? Cosa dovreste cambiare per ottenere il risultato voluto? Vediamo di capire cosa possiamo fare per volgere al meglio la nostra comunicazione.

Pensate ad una comunicazione efficace che ha dato i risultati sperati e pensate non solo a quello che avete detto e fatto, ma anche a quello che pensavate. Quando accade che si dica una cosa e viene interpretata diversamente in realtà non ha torto nessuno. Evitate di biasimare voi stessi o gli altri ed imparate a provare il senso di meraviglia per acquisire una maggiore capacità di tollerare l’ambiguità. Viviamo male in un mondo così imprevedibile e questo ci rende ansiosi fino a risposte che contengano significati certi come un sì o un no, ma questo non è sempre possibile. Il cambiamento è l’unica cosa di cui si è sicuri. Cosa significa agire in modo che ciò che diciamo ottenga la risposta che vogliamo? Per prima cosa prestare attenzione a noi stessi alle risposte che vengono dal corpo, dai sentimenti e dalle intuizioni. Se riusciamo a “sentirci” possiamo modificarci e “modularci” sull’altro in modo ottimale. Un modo è quello di vedere se stessi e l’interlocutore come su un palcoscenico in questo modo sarete anche spettatori ed è il miglio modo per cogliere eventuali errori. Non dimenticate che quando comunicate avete uno scopo e cercate di influenzare un’altra persona quindi cercate di essere chiari sul vostro obiettivo e cercate di perseguirlo.

Piccoli trucchi per recuperare la positività

Per qualcuno “pensare positivo” è più facile che per altri. Anche per queste persone è possibile che alcune situazioni o sensazioni diano la sensazione di svilimento e facciano vivere la vita con sentimenti di tipo depressivo. Per altri il concetto di “positive mind” è qualcosa di nebuloso…per tutti alcuni semplici consigli per recuperare l’energia e la positività.  Non fatevi abbattere dalla sensazione “giù di corda” e reagite:

Per prima cosa cercate di fare qualcosa di manuale come ad esempio aggiustare un oggetto. Che sia cambiare una lampadina o attaccare un bottone poco importa è importante per la concentrazione, contribuisce ad aumentare la fiducia in se stessi ed offre un senso di controllo.

Imparate a fare qualcosa per voi stessi ogni giorno. Nella vita di tutti i giorni specie le mamme e le donne mettono se stesse in “fondo alla lista” E’ora di dare priorità ai propri bisogni e necessità. A volte vasta davvero poco: farsi un piccolo regalo  (non necessariamente costoso!) , prendere uno spazio relax (dal parrucchiere o un’oretta per un massaggio..), anche solo prendere un caffè in giardino o sulla terrazza sfogliando una rivista. Poter occupare del tempo con queste attività non può che far del bene al vostro umore.

Andando sempre di corsa si finisce per lasciarsi sempre dietro qualcosa ed è come se nella testa avessimo lasciato dei “file” aperti. Prendere in mano le cose lasciate indietro vi darà subito la sensazione di compiutezza e soddisfazione.

Fondamentale è imparare a prevenire lo stress. Createvi obiettivi realizzabili e procedete a piccoli passi. Questo vi aiuterà a sentirvi più realizzati e contrinìbuirà a sentirvi sereni nel lungo termine. Avere un obiettivo è importante, non l’obiettivo stesso.

Una cosa da non tralasciare sono gli affetti spesso sacrificati per stanchezza. Rispondere ad una telefonata o ad un messaggio in modo svogliato allontana parenti ed amici. Prendetevi il giusto tempo per un saluto o una chiacchierata in tranquillità. Poter interagire con le persone in modo sereno dedicargli tempo è necessario per la vostra armonia.

L’amico immaginario

Per gli insegnanti della scuola dell’infanzia ed i genitori di figli ormai grandi è un fatto abbastanza scontato, ma per i neo genitori quella dell’amico immaginario è una faccenda seria che crea dubbi sulla normalità del bambino.

In realtà è abbastanza comune che un bambino tra i 3 e gli 8 anni possa inventare un amico immaginario con cui giocare e parlare, non c’è nulla di patologico anzi favorisce l’arricchimento della vita personale del bambino. I bambini che hanno avuto l’amico immaginario crescendo risultano meno timidi e con maggiori capacità comunicative rispetto ai coetanei.

Generalmente il compagno immaginario ha la stessa età del bambino e lo stesso sesso, ma non è la regola. In alcuni casi assumono le caratteristiche di un supereroe in altri casi sono avvolti da storie magiche, questo dipende molto dagli interessi e dalla storia personale del bambino. I nomi spesso sono inventati o storpiati , quasi a creare un linguaggio unico e segreto.

A questa età il bambino non è ancora in grado di distinguere tra realtà e fantasia e costruendo un mondo immaginario impara a definire i confini tra realtà e funzione e ad affrontare i propri impulsi negativi come la paura o l’odio o la gelosia. Il piccolo sa perfettamente che la sua creazione non è reale e ne comprende la fragilità. Ecco perché spesso ne tiene lontani gli adulti, la cui intrusione rischia di limitare il valore esplorativo del suo gioco.

Attraverso gli amici immaginari il bambino conosce meglio se stesso, ha la possibilità di assumere ruoli che gli permettono di identificarsi con l’uno o con l’altro dei genitori. Inizia ad esercitare un’autorità e disporre di un’autonomia. Nella vita di tutti i giorni l’amico immaginario tende a portar fuori tutte le emozioni e preoccupazioni del bambino risulta quindi essere una creazione positiva , una fonte di energia. Spesso per un genitore può essere difficile instaurare una relazione con il bambino ed il suo amico immaginario. La cosa importante è non prendere in giro il bambino o insistere sul fatto che non esiste. D’altro canto non bisogna neanche enfatizzare la sua presenza parlandone troppo o coinvolgendo nelle attività l’amico immaginario.

Questi nel tempo tenderà a svanire ed in genere non è necessario alcun intervento psicologico, ma è importante verificare che il bambino non si senta solo o triste oppure che non riesca più a distinguere tra realtà e fantasia rifiutandosi di giocare con bambini in carne ed ossa e mantenendo una relazione esclusiva con l’amico immaginario.

Maschere ed identità

In un mondo dove l’immagine è tutto appare sempre più evidente la necessità di riappropriarsi di se stessi, di far cadere la maschera è apparire esattamente come siamo con le nostre difficoltà, desideri e sogni.  Diventa così attuale l’analisi dell’esistenza individuale di Erich Fromm che fa una differenziazione tra Avere e Essere descrivendole:

    “Avere e essere rappresentano due visioni integrali della vita che , in quanto tali investono la totalità del mondo esistente e determinano una valutazione diametralmente opposta dell’ordine spirituale e della realtà sensibile”.

Il nostro modo di esistere dunque può essere destinato verso una modalità dell’avere in cui la concezione del mondo statica, il possesso e l’apparire diventano modalità costitutive dell’uomo, o verso una modalità orientata all’essere, dimensione dell’esistere dinamica, in continua trasformazione e che non si risolve mai nelle manifestazioni esteriori. Quindi in questa dimensione la distinzione tra modalità dell’avere e dell’essere è particolarmente difficile in quanto viviamo in una società e in un’epoca orientata all’avere.

“Essere significa vita che si esprime come incessante attività e perenne motivo di trasformazione, energia che, incessantemente e muove l’individuo verso la realizzazione piena di sé e delle proprie possibilità spirituali. Avere significa stasi, paralisi delle disposizioni interiori dinamiche, attaccamento al proprio ego ed incapacità di realizzare un principio di produttività sociale”.

Apparire è mettersi in mostra, l’immagine è qualcosa che si spende per contattare l’altro (reale o virtuale). La nostra società fa riferimento a modelli ed immagini – idolo, lo sa bene il mondo del marketing e della pubblicità che sfrutta questi modelli creando necessità “non necessarie”.  Ecco quindi spiegata la corsa all’acquisto di beni materiali che ci permettono di essere “come” di acquisire uno status che ci faccia sentire adeguati ed accettati e forse meno soli. La solitudine in fondo come dice Fromm è la grande paura di ogni essere vivente ed in ogni epoca si cerca di trovare una soluzione a questo annoso problema.

Per essere accettati e far parte di un tutto spesso si recita un copione, si indossano maschere che obbligano a vivere in schemi da cui è difficile uscire. Una maschera però non dura a lungo e se sotto non c’è un’identità vera prima o poi si rivela. In psicologia le dispercezioni sono causa di dipendenze, di comportamenti ossessivi, di disturbi alimentari. Esprimono una sorta di lotta tra l’essere e l’apparire, poichè la necessità di essere adeguati ed essere accettati è sempre molto forte.