“Tutto o nulla” il pensiero che non ti fa perdere peso

“Se sgarro anche solo con una caramella, tutta la dieta è andata”, “Se accetto l’invito di stasera ogni sacrificio sarà stato inutile”, “se è amica con quella può pure scordarsi di me”, “se non mi sta bene quel vestito allora non compro nulla”,

Vi siete rivisti in una o più delle affermazioni proposte? Allora utilizzate il pensiero dicotomico!

Il pensiero dicotomico, è anche detto del “tutto o nulla”, è di fatto una distorsione cognitiva, in base alla quale si tende a pensare agli antipodi (anche detto pensiero polarizzato!): ovvero tutto bianco o nero ( i due opposti appunto!)

Usare questi schemi così estremi non è certo un vantaggio, perché non permette di cogliere i numerosi aspetti che stanno nel mezzo (le sfumature dei grigi per intenderci!!) Infatti con questa modalità di pensiero ogni evento della nostra esistenza sarà una enorme fortuna o una immane tragedia. Non possiamo vedere se una cosa in apparenza negativa in realtà ci porterà dei benefici che non avevamo previsto (e vi assicuro che molte volte è così, ma non abbiamo gli occhi per vederli!)

Praticamente nella nostra testa appare questo tranello:  “questo oppure quest’altro”. Sembra inconcepibile che possano esistere due realtà opposte contemporaneamente. Essere a dieta e sgarrare ad esempio. Niente di più facile! Il mangiare in eccesso, con il suo conseguente aumento di peso, serve a compensare dei bisogni. Nel momento in cui ci mettiamo a dieta anche per tutte le più serie motivazioni del mondo è molto facile sgarrare perché siamo frustrati. Ma non dalla mancanza del cibo come crediamo, ma dalla mancanza della compensazione del bisogno e quindi cadiamo nella trappola.

“Ho mangiato delle patatine a questo punto la dieta è rovinata tanto vale che le mangio tutte”. Se fate questo ragionamento state attuando il pensiero dicotomico e questo non è affatto un vantaggio per la linea.

Vi state chiedendo perché? Perché se usciti da questa dicotomia del tutto o nulla potendo scegliere quando e cosa mangiare, perché sarete liberi di farlo solo e quando ne avrete davvero bisogno e non solo perché siete stanchi, delusi, arrabbiati o altro.

Bisogna accettare il fatto che non siamo perfetti e che ogni strada vogliamo intraprendere non sarà lineare, ma piena di curve, buche e deviazioni e dobbiamo imparare a fronteggiare ogni genere di imprevisto.

Quando si è a dieta è normale avere fame o credere di averne. Allora che facciamo mangiamo e chi se ne frega della dieta?

No certo perché poi arrivano i sensi di colpa che ci costringono a mangiare ancora per compensare l’ansia oppure a saltare i pasti che poi ci portano a mangiare più del previsto al pasto seguente. Visto? Con questa modalità di pensiero non c’è via di uscita; non si dimagrisce.

Quando decidiamo di metterci a dieta mettiamo in conto che arriverà il momento in cui la tentazione si farà sentire e se cediamo non accade nulla. Significa solo che per raggiungere il traguardo avremo bisogno di un po’ più di tempo. Temo quelle persone che per una settimana fanno tutto perfettamente. Perché cadranno e quando accadrà abbandoneranno l’impresa. Preferisco le persone che ammettono, anche con se stesse, che sono cadute e allora si cerca di capirne il perché e si creano le situazioni affinchè non accada di nuovo o più raramente e questo non significa rinunciare alla dieta, ma capire i significati delle nostre scelte e bisogni che il cibo tiene nascosti e pian pianino raggiungere l’obiettivo della perdita di peso.  

Nel percorso dal bianco al nero e viceversa imparerete tante cose di voi  anche tante capacità che non credete di avere, ma solo se metterete abbastanza amore per voi stessi di ammettere di non essere perfetti e volervi bene comunque. Si anche questa è una dicotomia che dovete imparare a far convivere!!

Storia breve con morale/ agosto

Si narra che in un regno antico vivesse un uomo conosciuto ovunque per la sua saggezza. All’inizio egli dava consigli solo ai suoi familiari e agli amici più cari. La sua fama, tuttavia, crebbe a tal punto che lo stesso sovrano iniziò a chiamarlo spesso al suo cospetto per chiedergli consiglio.

Ogni giorno giungevano molte persone per ricevere i suoi preziosi consigli. Tuttavia, il saggio notò che varie persone si recavano ogni settimana e gli raccontavano sempre gli stessi problemi, quindi ricevevano sempre lo stesso consiglio, ma non lo mettevano in pratica. Era un circolo vizioso.

Un giorno il saggio riunì tutte quelle persone che chiedevano spesso consiglio. Allora raccontò loro una barzelletta molto divertente, tanto che quasi tutti scoppiarono a ridere. Dopo aver aspettato un po’, raccontò di nuovo la stessa barzelletta. Continuò a raccontarla per tre ore.

Alla fine erano tutti sfiniti. Dunque il saggio disse loro: “Perché non potete ridere tante volte della stessa barzelletta, ma potete piangere migliaia di volte per lo stesso problema?”.

Vivere con un depresso: istruzioni per l’uso

Tutti noi abbiamo sperimentato momenti in cui ci “sentivamo giù”, eravamo demotivati e non avevamo voglia di fare nulla e vedere nessuno. Sono momenti: appunto. Situazioni piuttosto diffuse che come arrivano se ne vanno ed hanno in genere una causa esterna: ovvero è accaduto un fatto che ci ha destabilizzato ed abbiamo avuto bisogno di tempo per trovare una soluzione, riprogrammarci e ripartire. Fin qui tutto normale. Eppure già in una situazione transitoria, quante cose ci dicevano gli altri che ci davano fastidio? A volte anche il loro interesse verso di noi. Immaginate quindi quando parliamo di depressione clinica ovvero di un disturbo dell’umore certificato…

I dati sono allarmanti vendono colpite oltre 120 milioni di persone l’anno molte delle quali optano per il suicidio quando la vita diventa insopportabile da vivere. Quindi è molto probabile che intorno a noi possiamo avere qualcuno che soffra di questa patologia e sperimentare ogni giorno quanto sia difficile la convivenza. Ecco quindi qualche “istruzione” per evitare almeno di fare ulteriori danni o avere la sensazione di sentirsi inutili se vogliano aiutare un amico o un familiare.

Innanzitutto chiariamo una cosa: alla persona depressa (intendo depressa sul serio!) non è vero che manca di forza di volontà, che sia debole o pigra. La verità  che non ha proprio la capacità e le risorse per cambiare le sue sorti. E’ cosciente della sua situazione e non gli piace, spesso se ne dispiace, ma gli manca quel qualcosa che dovrebbe scattare, ma non scatta.  

Quindi andare a dire ad una persona depressa TIRATI SU è causa di umiliazione, anche se siete animati da buone intenzioni non otterrà alcun risultato. Ho visto persone anziane far vedere a persone depresse che malgrado l’età e gli acciacchi reagivano e quelle che le guardavano come fossero marziani. Persone ricche (depresse) che dicevano a persone evidentemente in difficoltà beato te! Così tanto per fare un esempio! Essere in condizioni economiche vantaggiose non riduce il rischio perché la perdita di voglia di vivere, va oltre alle situazioni di necessità e le sovrasta.

La persona vive un disagio di dimensioni bibliche indipendentemente dalla realtà e nulla può aiutarlo a combattere quel disagio neanche le buone intenzioni e l’esempio. Queste persone vivono con pensieri negativi, umore negativo e come se nessun altro modo di pensare fosse possibile, come se loro non avessero  nessun controllo su ciò. Ne sono completamente pervasi. Capite quindi che dire tirati su risulta un’offesa.

La tristezza e la depressione camminano di pari passo e la persona depressa tende a catalogare i suoi ricordi sulle esperienze negative o vissute come tali. Eventi negativi sono predominanti nella realtà vissuta e nei ricordi e non importa se nella realtà le cose erano oggettivamente migliori da come la persona le ha vissute. E’ come se le cose spiacevoli avessero un peso specifico maggiore (di molto!) rispetto a quelle piacevoli. Quindi anche in questo caso dire ad una persona CERCA DI ESSERE FELICE non viene interpretata come tale, ma ancora come “affossamento” della sua sensazione (come una critica) con ulteriori ripercussioni sulla sua autostima.

In questa particolare condizione psicologica i pensieri, le emozioni  ed i comportamenti risultano essere disfunzionali e dannosi con l’aggravante che si autoalimentano!

I vissuti negativi avvolgono tutta la rappresentazione di un  Sé  che risulta difettoso e fa percepire il mondo e le persone circostanti come ostili con una visione del futuro inutile e senza speranza. Ogni volta che diciamo c’è chi sta peggio di te o minimizziamo per il depresso è come scendere un altro gradino verso il basso. Con farmaci e terapia psicologica si ottengono ottimi risultati anche se in molti è radicata l’idea che il farmaco crei dipendenza e la terapia faccia bollare come malati mentali e quindi pazienti e parenti spesso passano anni prima di chiedere aiuto e molte volte non lo fanno neanche!

L’unico modo di stare con un depresso è lasciarlo parlare, creare una situazione empatica in cui la persona si senta accolta e non giudicata, ma questo non è facile perché si viene spesso sopraffatti dalla negatività e se sei una persona con una sana voglia di vivere tendi ad allontanarti. Non bisogna rinforzare i suoi vissuti, ma solo “farli uscire” senza prendere posizioni. La persona depressa finisce per sentirsi ed essere sempre più sola proprio per questi motivi. Quindi è giusto cercare di coinvolgere la persona depressa nelle attività quotidiane o meno, ma sicuramente la loro partecipazione sarà solo superficiale e con un niente ritorneranno nel loro mondo di disagio. Non sentitevi in colpa o inadeguati se vi state attivando nei confronti di un vostro genitore, amico o compagno e non ottenete risconto. L’unico sforzo che ha un risultato è avere la pazienza dell’ascolto e non farlo mai sentire solo. Vi avverto sarà davvero faticoso, ma se volte davvero bene a quella persona lo sentirà.

Lo Psicologo: chi, dove, come, quando e perché!

Sempre più persone si rivolgono allo psicologo per problematiche di diversa intensità. La recente situazione creata dalla pandemia ha, almeno in parte, sdoganato i tabù verso la psicologia. Lo psicologo inizia ad essere visto non solo come colui che accoglie in caso di fragilità, ma anche il professionista che aiuta a promuovere le proprie capacità, comprendendole e sostenendole. Insomma un nuovo capitolo della psicologia che è volta sempre più al benessere e allo sviluppo personale in un mondo che cambia molto velocemente.

CHI è lo o psicologo

Rispetto ad altre discipline la storia della psicologia è molto recente e possiamo inquadrarla verso la metà dell’Ottocento. La figura dello psicologo è stata regolamentata nel 1989 con l’Istituzione del relativo Ordine Professionale. Il percorso di studi comprende una laurea quinquennale (3 anni di magistrale e 2 di specialistica) ed un anno di tirocinio pratico a cui segue un esame di stato che permette di esercitare in ambito pubblico o privato. Sono numerose le aree d’intervento (scuola, sport, famiglia, lavoro, clinico ecc.), ma lo scopo comune è quello di favorire il benessere della persona, coppia o gruppo.

Sono numerosi i momenti della vita in cui si può avere necessità di un supporto esterno per gestire difficoltà, ansie e paure: quando ci troviamo ad affrontare momenti di disagio, lutti, controversie familiari ed intergenerazionali, ma anche si vuole comprendere meglio se stessi, gestire e superare situazioni del passato per vivere con maggiore serenità nel futuro.

DOVE e COME: Gli strumenti dello psicologo

Colloquio clinico: si svolge solitamente lo stesso giorno ed alla stessa ora convenuta con cadenza settimanale. Nel primo colloquio, detto incontro conoscitivo, si comprendono le motivazioni ed i bisogni della persona al termine del quale si stabiliscono obiettivi e termini del percorso.

Somministrazione di test, oppure utilizzo di tecniche di rilassamento e/o momenti di psico educazione.

In base alla tipologia del percorso si potranno anche proporre dei “compiti” da fare a casa (compilazione di un diario ecc.) da portare all’incontro successivo.

I tempi “tecnici” dipendono dalla problematica da risolvere e dall’adesione al programma.

Recentemente è possibile utilizzare la tecnologia anche per effettuare interventi a distanza attraverso piattaforme dedicate in video conferenza è così possibile effettuare incontri da remoto, per chi è impossibilitato a raggiungere lo studio del professionista o per chi abita fuori sede.

QUANDO

Non necessariamente bisogna essere vittime di abusi o essere affetti da dipendenze per chiedere l’aiuto di uno psicologo, ma ogni qualvolta ci siano alterazioni del comportamento, sbalzi di umore persistenti, chiusura sociale. Fondamentale per una crescita personale, maggiore consapevolezza dei propri limiti e capacità, migliorare le interazioni sociali nella famiglia e nel lavoro. Liberarsi di ansie, paure o pesi emotivi che a volte si tramandano per generazioni.

PERCHE’

Scegliere di andare dallo psicologo è un atto già di per sé terapeutico, decidere di chiedere aiuto richiede coraggio ed è il primo passo per iniziare a prendersi cura di se stessi. Il tempo di ogni seduta (50/60 minuti) è un investimento per migliorarsi, per imparare a vedere le cose da angolazioni differenti e confrontarsi con un punto di vista alternativo al proprio e a quello del suo ambiente abituale. Fondamentale per raccontarsi, vedere i propri atteggiamenti e vivere le emozioni dandogli un nome.

Storia breve con morale (luglio)

Questa è la storia di un uomo che quando era ragazzo e andava a scuola continuava a dire: «Ah! quando lascerò la scuola e comincerò a lavorare, allora sarò felice».
Lasciò la scuola, cominciò a lavorare e diceva: «Ah! quando mi sposerò, sarà la felicità!».
Si sposò, e in capo a pochi mesi constatò che la sua vita mancava di varietà, e allora disse: «Ah, come sarà bello quando avremo dei bambini!».

Vennero i bambini, ed era un’esperienza affascinante, ma piangevano tanto, anche alle due di notte, e il giovane sospirava: «Crescano in fretta!».
E i figli crebbero, non piangevano più alle due di notte, ma facevano una stupidaggine dopo l’altra e cominciarono i veri problemi. E allora l’uomo sognò il momento in cui sarebbe stato di nuovo solo con sua moglie: «Staremo così tranquilli!».
Adesso è vecchio, e ricorda con nostalgia il passato: «Era così bello!» 

Non mangiare le emozioni vivile

Tutti noi abbiamo provato l’effetto coccola di alcuni cibi quando siamo stanchi o delusi. Per qualcuno l’effetto di tali cibi, che tecnicamente vanno a stimolare le endorfine (neurotrasmettitori che inducono uno stato di benessere!) diventa una vera propria dipendenza o dovremmo chiamarla fuga?

Generalmente si mangia quando si ha fame, ovvero quando il corpo finisce l’energia disponibile, ma si mangia anche solo per gola, quando si è in compagnia, perché ci hanno insegnato a non lasciare il cibo nel piatto, ma anche quando siamo soli, siamo tristi, delusi, arrabbiati.

La lista a questo punto potrebbe essere molto lunga, ma cosa hanno tutte queste motivazioni eliminando la prima? Che in effetti la maggior parte delle volte non si mangia per il motivo giusto. Il cibo rappresenta il conforto e la via di fuga per situazioni che non abbiamo voglia di affrontare.

Oltre l’aumento di peso e le malattie correlate in questo modo si va a rinforzare un comportamento davvero lesivo che si autoalimenta tra soddisfazione (momentanea e falsa) ed i sensi di colpa (terribilmente veri)

I sensi di colpa si accumulano come polvere sotto il tappeto ed i kg aumentano fino a quando diventa sempre più difficile perderli e alla fine ci si arrende perché ormai la montagna è invalicabile.

C’è un modo per non arrivare a questo punto? Sicuramente è imparare a riconoscere le emozioni e le situazioni che ci fanno stare male. Un valido aiuto è il diario alimentare (ve ne ho parlato in mille modi!)  con il quale non si tiene conto solo dei cibi introdotti, ma anche di quanto, cosa e quando abbiamo mangiato per comprendere tutto il contesto ed imparare ad agire sul contesto e le emozioni derivate, non sul cibo come si suol fare. Infatti andare a controllare il cibo , quando si mangia per soffocare un’emozione, comporta solo stress che genera altra voglia di mangiare quindi è un sacrificio assolutamente inutile.

Psicologicamente parlando il vivere un’emozione è molto importante perché ci insegna a comprendere molto di noi. Farsi “attraversare dall’emozione” (rabbia, paura, vergogna…) serve a diventare più consapevoli dei nostri limiti e difficoltà. E’ indispensabile per venire in contatto con la parte più profonda di noi, il rischio è di vivere una vita solo e sempre in superficie e questo rende continuamente attaccabili dalle persone e dalle situazioni che generano sfiducia. Ogni volta che si scappa, e ci si rifugia nel cibo, non solo prendiamo in giro noi stessi come gli struzzi fanno nascondendo la faccia sotto la sabbia, ma ci rende sempre più vulnerabili oltre che in sovrappeso.

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Dimagrire senza dieta si può: la testimonianza di Elisabetta Viccica

Ho conosciuto Elisabetta qualche anno fa e l’ho trovata una donna meravigliosa. Con il cuore aperto mi ha raccontato la sua storia davanti ad un caffè ed un dolcetto in centro a Roma.

(Vi sembra strano parlare di dolci se parliamo di dimagrire? No se è una scelta consapevole!)

Elisabetta fino a 18 anni era magra, ma una serie di vicende personali l’hanno sminuita e delusa. Questo le ha fatto cercare conforto nel cibo al punto di raggiungere i 150 kg. Cibo come consolazione e vissuto con amore ed odio. Lei che ha sempre amato vestirsi bene e con la passione per la lingerie non trova più nulla da “mettersi” innescando un circuito di insoddisfazione/cibo. Non c’erano ditte in grado di contenere le sue forme senza apparire in un sacco. Prova varie diete senza risultati ed è sempre più delusa ed amareggiata.


In foto Elisabetta Viccica ritratta dal fotografo Andrea Laureani

Evita accuratamente tutti gli specchi, dice che in casa non li ha, ma vedersi nella foto del matrimonio della sorella è un trauma. Non è lei quella nella foto, non riesce a riconoscersi. In quello che io considero la svolta (l’evento che fa cambiare rotta!)  il momento della consapevolezza. Ha il coraggio di intraprendere un percorso psico-nutrizionale : soffre di Binge Eating. Il primo step è la rieducazione alimentare.

E’ il 2003 ed in breve tempo perde i primi 20 kg. Impara a mangiare le verdure che inserisce nella sua dieta con dei trucchetti :

Mettevo le zucchine sopra la pizza bianca per farmele andare giù e poi ho imparato a fare colazione. Da allora non ho mai più saltato un pasto! – mi dice.

Attraverso il percorso psicologico si rende conto che la colpa del suo aumento di peso è l’insoddisfazione. Capisce che è ora di riprendersi i suoi spazi, a dire no quando qualcosa la fa stare male. Si lascia alle spalle le cause dell’insoddisfazione e rifiuta ogni cosa possa stabilizzarla e rimette al centro della sua vita se stessa.

Il primo momento importante è disegnare un modello di abito che la faccia sentire di nuovo una donna. Una sarta l’aiuta a realizzare la sua idea ed in poco tempo inizia a vestire altre donne in sovrappeso e a tirarle fuori dal deleterio circolo vizioso. Nel giro di pochi anni si sente sempre più soddisfatta si gira indietro e …ha perso 80 kg con una alimentazione corretta e maggiore consapevolezza di se e delle sue emozioni.

Nel 2010 realizza la prima linea di abbigliamento, non senza difficoltà, ma con grandi soddisfazioni. Incontra sul suo cammino persone, istituzioni ed associazioni che credono in lei e nel suo progetto. Un’altra sfida che ha vinto per lei e per tutte le donne che si sono e sono state messe da parte, che hanno permesso ad altri di decidere per loro ed hanno smesso di volersi bene. Infine nel 2012 un altro traguardo: la creazione del concorso di bellezza per donne curvy “Miss bella in carne”.

Lavorare sull’autostima, sull’autoconsapevolezza e l’accettazione del corpo non è stato facile, ma è stata circondata da tante donne fantastiche ed oggi è di nuovo una di quelle donne che condividendo questa esperienza vuole essere di esempio a tante altre donne che si sono dimenticate di esserlo.

Perdere peso con le buone abitudini (senza morire di fame)

Si mangia per sentirsi al sicuro, per noia, per gola, per reagire, per ribellarsi…in ogni caso se abbiamo messo su parecchi kg è diventata un’abitudine radicata e sappiamo quanto è difficile cambiare le abitudini. Una dieta richiede enormi sacrifici e per molti diventa difficile portarla a termine.

Allora perché non provare a fare piccole modifiche ogni giorno che vi permetteranno di portare avanti il vostro impegno nel lungo termine? Se riuscirete a mettere in pratica i punti che seguiranno vi assicuro che sarete riusciti a perdere peso ed avrete scoperto il segreto per mantenerlo nel tempo.

Molte persone ritengono che per dimagrire sia necessario mangiare il meno possibile senza spezzare con gli spuntini: niente di più falso! Con una riduzione drastica delle calorie il corpo si mette in modalità sopravvivenza: con gli spuntini si mantiene attivo il metabolismo.

Non pesatevi tutti i giorni! Quotidianamente il corpo può subire delle modifiche e se dopo una giornata d’impegno non si vede un risultato sulla bilancia ci si deprime e si arriva allo sgarro. Meglio pesarsi un giorno fisso a settimana che rappresenta meglio la media reale del peso.

Bere è importante! Assicuratevi di bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. Evitate acqua gassata e bibite contenenti zuccheri. Imparate a tenere in borsa una borraccia. Aiutatevi con tè e tisane.

Non saltate i pasti a cominciare dalla colazione che deve garantire ottime performance durante la giornata altrimenti a cena mangerete molto più del necessario complice l’effetto relax e la scusa di aver saltato il pranzo.

Tenete d’occhio i condimenti. Ricordate che l’olio di oliva a crudo ha ottime caratteristiche organolettiche che si perdono con l’innalzarsi della temperatura. Raramente usate senape, maionese, salsa di soia ed altri condimenti industriali ricchi di coloranti e conservanti. Sostituiteli con spezie ed erbe aromatiche che riescono anche ad aumentare il metabolismo.

Mangiate 3 frutti al giorno preferibilmente fuori pasto, come spuntino, o prima del pasto MAI al termine e due porzioni di verdura al giorno alternando verdura cotta a quella cruda.

Imparate ad usare vaporiera e bistecchiera ed eliminate dal frigo cibi precotti e surgelati.

Imparate le corrette combinazioni alimentari. Evitate di mischiare alimenti di famiglie diverse nello stesso pasto.

Mangiate piano masticando bene è il principio fondamentale per evitare meteorismo ed altri problemi gastrointestinali. Necessario anche per raggiungere il senso di sazietà: se mangiamo velocemente introduciamo molto più cibo del necessario.

Tenete d’occhio gli extra! Prendere l’abitudine di mettere per scritto gli sgarri permette di controllarli ed essere consapevoli.

Dimagrire è una questione di testa

Abstract dell’intervento nella diretta Fb “Quattro chiacchiere a colazione” del 13 maggio 2021

Se il tuo obiettivo è la perdita di peso e fino ad oggi puoi aver trovato difficoltà nel raggiungere la tua meta, è perché ti sei focalizzato esclusivamente sulle informazioni riguardanti l’alimentazione, senza prendere in considerazione la variabile più importante: la tua mente.

Mi indirizzerò più direttamente ad un pubblico femminile, perché è quello che risulta più rappresentativo nella mia pratica clinica, ma i signori maschi non si sentano esclusi … leggete fino in fondo: i consigli e le riflessioni che propongo sono utili anche a voi!

Ti sei mai chiesta perché non sei riuscita a portare a termine una dieta? O perché hai recuperato così velocemente i kg appena persi? La tua risposta è sincera? Ho paura di no. La stragrande maggioranza delle persone (il 91% per essere precisi) che si mette a dieta, perde peso per un po’;  arrivata ad un certo punto, mette da parte la dieta o inizia a seguirla in modo difforme, con la conseguente ripresa  di  tutto o quasi il peso perso.

Queste le giustificazioni  più comuni : – è colpa dello stress –  è faticoso cucinare cose diverse  – non ce la faccio, non ho abbastanza forza – il mio metabolismo è lento- ecc. Il vero motivo invece è solo uno:  dimagrire è una questione di testa e se prima non cambi il rapporto con il cibo non dimagrirai mai a lungo termine e non manterrai mai il tuo peso ideale.

In qualche modo è meglio dire: devi far pace con il cibo , ma anche con te stessa.

Cambiare il proprio rapporto con il cibo è possibile: certo non è un sistema semplice ed immediato, ma è sicuramente l’unico che ti permetterà di uscire da schemi mentali sbagliati che ti relegano prigioniera. Ogni volta che mangi di più di quello che dovresti ricorda che non è una scelta consapevole. La tua voce interna dice: sono golosa, mi piace, prenderò quel pasticcino prima che lo mangi qualcun altro, meglio finire la torta rimasta in frigo così non ci penso più …

In realtà  ci sono spinte che ti obbligano e  che ti imprigionano. Quando smetterai di concentrarti su ciò che è rimasto sulla credenza o nel frigo, soltanto allora potrai sentirti veramente libera di pensare ad altro.

Vorrei che imparassi a sentire di  cosa veramente hai bisogno e la sensazione di essere libera di mangiare se  hai fame e di non mangiare quando non ti va o sei sazia. E’ faticoso vivere  sempre con la sensazione che se non mangi quella cosa in quel momento chissà cosa ti perdi, e con l’atteggiamento che quello sia l’ultimo dolce sulla terra. Solo le scelte consapevoli ti permetteranno di avere un’ottima qualità di vita, facendo sì che tu mantenga il tuo peso.

Se davvero stavolta vuoi riuscire nell’impresa di dimagrire, è nella testa che devi lavorare, invece di stressarti a contare calorie, pesare il cibo, stare attenta a questo o quello negandoti ogni cosa e sentendoti frustrata ogni momento.

Quindi dimentica i meccanismi mentali che hai conosciuto ed applicato fino ad ora: come hai visto  non funzionano!

Quello che devi fare è iniziare a prendere in considerazione tutti quei processi che ti portano a trasgredire e mangiare di più e male. Credimi:  quello che mangi è una diretta conseguenza di quello che pensi e se cerchi di cambiare quello che mangi senza cambiare prima quello che pensi, è impossibile raggiungere l’obiettivo.

Dal libro “Dimagrire una scelta consapevole”  di Emanuela Scanu

Campi di Carta Editore 2013

Vivere vuol dire sapersi assumere dei rischi

Troppe persone si aspettano poco, chiedono poco, ricevono poco e soprattutto, si accontentano di poco… Se vorrete che la vostra vita assumi significato per voi, dovrete accettare di affrontare una certa dose di rischio.

La poesia che segue, rende perfettamente l’idea di quanto la vita sia sempre piena di rischi e quanto sia difficile per noi evitarli:

” Ridere è rischiare di apparire sciocchi

Piangere è rischiare di apparire deboli

Allungare la mano agli altri

è rischiare un coinvolgimento

Esprimere un sentimento

è rischiare di mostrare se stessi

Amare è rischiare di non essere amati

Vivere è rischiare di morire

Sperare è rischiare di rimanere delusi

Provare è rischiare di fallire

Ma i rischi devono essere corsi,

perchè il rischio più grande

è quello di non rischiare .

La persona che non rischia nulla,

non fa nulla, non ha nulla e non è nulla.

Ha perso la sua libertà

perchè ha rinunciato a rischiare .

E quindi a vivere.”

Fonte: web, autore sconosciuto