Se sei felice si vede!

Nella mia pratica clinica ho potuto appurare che felicità ed autostima vanno di pari passo. Infatti le persone felici sono quelle con un più alto indice di gradimento verso se stesse e sanno fare le scelte giuste. Non sono invidiose e ringraziano per quello che hanno pur volendosi migliorare. Ho fatto una lista, che vi invito ad allungare e condividere, di qualità che rendono migliore la qualità della vita e promuovono l’autostima. Tranquilli: alcune di queste si possono imparare …abbiate fiducia!

Le persone felici sono consapevoli dei propri valori e impostano la propria vita di conseguenze: sanno esattamente cosa le rende felici e cosa no e strutturano le proprie vite in modo da massimizzare il tempo che impiegano a fare cose che li rende felici e ridurre al minimo il tempo impiegato a fare cose che non li rende felici.

Le persone felici imparano dai propri errori e dalle difficoltà.  Tutti commettono degli errori :  sul lavoro, in amore, economici, e in ogni altro aspetto della vita. Ma le persone felici si assicurano di imparare dai propri errori e dalle difficoltà così da non ripetere gli stessi sbagli mai più.

Le persone felici non badano a quello che gli altri pensano di loro e non si preoccupano di accontentare tutti. Non importa quello che fai, ci sarà sempre qualcuno che non ti apprezza, ti giudica o ti critica. Le persone felici lo capiscono e sanno che preoccuparsene significa sprecare energie preziose che potrebbero essere impiegate altrimenti.

Le persone felici sono grate per quello che hanno. Non si concentrano su ciò che non hanno, ma godono ed amano ciò che posseggono.

Le persone felici non si preoccupano delle cose che sono al di fuori del proprio controllo. Preoccuparsi è una cosa naturale, ma una volta che si impara a non stressarsi per le cose che non dipendono da noi si libera un sacco di energia positiva.

Le persone felici sanno di non essere il centro dell’universo E di conseguenza capiscono che il modo in cui alcune persone si comportano potrebbe anche non dipendere da loro – quindi non se la prendono troppo.

Le persone felici non fanno le vittime A tutti capitano delle cose brutte, ma le persone felici sanno capire che piangersi addosso non li porta da nessuna parte. Quindi affrontano le brutte cose, le risolvono e ripartono da lì, invece di restare con le mani in mano a fare del vittimismo.

Le persone felici si circondano di persone positive. Siamo tutti in qualche modo influenzati dalle persone che abbiamo intorno. Se ci circondiamo di persone positive e stimolanti, finiamo noi stessi per sentirci più positivi ed ispirati. Al contrario, se ci circondiamo di persone negative e cupe anche noi tenderemo a sentirci così.

Le persone felici hanno uno stile di vita sano. La maggior parte delle persone felici mangiano bene, dormono bene e fanno spesso esercizio fisico. È quasi una legge di natura. (SE MANGI BENE VIVI BENE E PENSI BENE!)

Le persone felici sono propositive. Le persone felici non credono che il mondo gli debba qualcosa. Di conseguenza sono propositive e sanno di dovere lavorare per ottenere quello che vogliono dalla vita. Lavorano e s’impegnano, ma sanno apprezzare anche le piccole cose della vita.

Rimandare a domani: non è solo pigrizia

Procrastinare è il termine corretto che indica l’azione di rimandare a domani compiti che a volte non ci va di eseguire o che ci vengono difficili. Qualche volta questo comportamento abbastanza comune può essere il sintomo di un disturbo psicologico che viene utilizzato come strategia per affrontare (o non affrontare!) i compiti quotidiani.

Alcuni studiosi hanno studiato a fondo questo tema in apparenza superficiale come la dottoressa Monica Ramirez Basco che ha dedicato all’argomento un intero libro dal titolo The Procrastinator’s Guide to Getting Things Done.

 Nel libro vengono indicate alcune tipologie di procrastinatori, a seconda della ragione che li spinge a rinviare qualsiasi cosa a domani vediamone insieme alcune e cerchiamo di capire se apparteniamo a qualcuna di queste!

La categoria più numerosa è quella degli evitanti e si tratta di coloro che rimandano perchè ritengono il compito poco gradevole. Se anche voi avete l’abitudine di sfilare la multa dal tergicristalli e di accartocciarla nel cruscotto probabilmente fate anche voi parte di questa tipologia.

Se invece vi ritrovate a tagliare l’erba del giardino con un casco da minatore in piena notte, siete con buona probabilità dei disorganizzati, incapaci di gestire il vostro tempo e di stimare efficacemente la durata di un compito.

Esistono poi i dubitanti, coloro che passano molto tempo a chiedersi se sia il caso di cambiare lavoro visto che ogni mattina preferirebbero morire piuttosto che recarsi in ufficio, ma la cui insicurezza blocca ogni iniziativa concreta.

C’è poi chi utilizza la procrastinazione all’interno delle relazioni con gli altri, il cosidetto procrastinatore interpersonale. Qualche esempio? Un marito che non butta la pattumiera per indispettire la moglie, un bambino che non raccoglie i giochi da terra perchè tanto lo farà mamma o una fidanzata che non cucina le polpette al fidanzato per non sentirsi dire “sono meglio quelle di mamma”.

Il procrastinatore del tipo tutto o niente tende invece ad avere due modalità di affrontare un compito: o al 100% o lascia perdere. A tale atteggiamento si aggiunge spesso una notevole difficoltà a dire “no” alla richieste che gli vengono fatte con la conseguenza di ritrovarsi spesso sommerso da troppe responsabilità.

Infine abbiamo il ricercatore di piacere, un’espressione elegante per definire colui che più comunemente viene indicato come pigro. Questo fannullone rimanda semplicemente perchè non è nell’umore giusto per svolgere alcuna attività.

Volete anche in questo caso degli esempi? Mi dispiace, non ne ho voglia!

Vi siete rispecchiati in qualche categoria?

PS Siate onesti nella risposta!

Ramirez Basco,  M. (2009). The Procrastinator’s Guide to Getting Things Done, New York: Guilford Press

Fonte WEB

Donne (e uomini) nel frullatore: a rischio patologia (e non solo all’aumento di peso!)

Lo ripeto da anni alle mie signore multitasking che riescono a trasformare una giornata in 48 ore! Sì all’efficienza, ok alla programmazione, ma quante volte vi rendete conto che questi ritmi hanno preso il sopravvento sulla vostra vita?

In genere le donne vengono da me in preda all’ansia solo quando si rendono conto di aver preso parecchi kg e non riescono a stare a dieta. Già al primo colloquio comprendono che il cibo non c’entra affatto o per lo meno è colpevole solo indirettamente. Si mangia spesso per colmare l’ansia di una vita vissuta a 100 all’ora tra  incastri, traffico, e appuntamenti ai quali si finisce per arrivare “puntualmente” in ritardo. Fin quando il peso è il campanello d’allarme è poca cosa (a patto che si tratti di 3/5 kg al massimo, che già sono un problema!), ma spesso è proprio il nostro corpo a fermarci: per un problema intestinale, cardiaco o un tumore!

Sì lo stress è positivo, ci aiuta a superare situazioni difficili e pesanti, ma non possiamo tirare la corda!

Questa riflessione non è la prima volta che la propongo, ma recenti fatti rendono urgente ripresentarla. Una cara amica racconta di come è “morta la prima volta” : colpita da infarto a 45 anni  si rammarica del fatto di aver sottovalutato alcuni segnali perché “non aveva tempo” ( e ha rischiato di non averne più) ed caro amico ritornato da un recente viaggio in un ashram  in India ha condiviso la sua realtà : ex manager di successo, una vita tra jet lag, riunioni e pasti sregolati oggi sta combattendo una grave malattia.

 “Non bisogna arrivare a questo punto…bisognerebbe fermarsi prima. Un periodo  detossinante dalla vita di tutti i giorni è necessario. Dillo ai tuoi pazienti, ma anche ai tuoi amici…non serve dopo che ci si è ammalati (anche se ci sono benefici!) sarebbe molto più di aiuto prima di ammalarsi!”

Ed io sono qui a dirvelo (per prima a me stessa) , non sarà l’ashram, magari le terme, ma sicuramente è necessario prendersi cura di se stessi, riuscire a non fare nulla per un giorno o almeno per qualche ora. Sì proprio nulla e non per forza a fare cose anche se sono piacevoli. Recuperare il rapporto con il proprio corpo, ristabilire la comunicazione con la propria mente (che spesso va oltre le possibilità del corpo) si può fare solo nel silenzio e serve a preservare la salute fisica e mentale.

Non dobbiamo arrivare al malessere o alla patologia è necessario fermarsi prima. Bisogna avere “coraggio” a staccare la spina. Coraggio, perché a volte non ci piace sentire cosa il corpo ha da dirci, ma è il nostro miglior alleato e lui sa bene cosa è buono per noi, ma per farlo bisogna fermarci ad ascoltare.

“Mettersi nei panni dell’altro”: il significato di Empatia

L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependo, in questo modo, emozioni e pensieri. E’ un termine che deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni e “pathos”.

L’empatia è un’importante competenza emotiva grazie alla quale è possibile entrare più facilmente in sintonia con la persona con la quale si interagisce.

L’empatia è un’abilità sociale di fondamentale importanza e rappresenta uno degli strumenti di base di una comunicazione interpersonale efficace e gratificante. Nelle relazioni interpersonali l’empatia è una delle principali porte d’accesso agli stati d’animo e in generale al mondo dell’altro. Grazie a essa si può non solo afferrare il senso di ciò che asserisce l’interlocutore, ma si coglie anche il significato più recondito psico-emotivo. Questo ci consente di espandere la valenza del messaggio, cogliendone elementi che spesso vanno al là del contenuto semantico della frase, esplicitandone la metacomunicazione, cioè quella parte veramente significativa del messaggio, espressa dal linguaggio del corpo, che è possibile decodificare proprio grazie all’ascolto empatico.

Agli inizi del Novecento, Lipps introduce la dimensione dell’empatia in psicologia, parlando di partecipazione profonda all’esperienza di un altro essere, introducendo così il tema dell’alterità, che verrà poi ripreso dalla scuola fenomenologica. Per Lipps l’osservazione dei movimenti altrui suscita in noi lo stesso stato d’animo che è alla base del movimento osservato, tuttavia questo stato non viene percepito come una propria esperienza, ma viene proiettato sull’altro e legato al suo movimento (non ci si perde nell’altro); si tratta di empatia come partecipazione o imitazione interiore.

Freud (1921) afferma che è solo per mezzo dell’empatia che noi possiamo conoscere l’esistenza di una vita psichica diversa dalla nostra: non considera l’empatia come un metodo terapeutico, solo Kohut farà questo passaggio molti anni dopo.  Kohut, infatti, considera l’empatia non solo come uno strumento di conoscenza, ma anche come un importante strumento terapeutico: l’esposizione ripetuta a esperienze di comprensione empatica, da parte dell’analista, serve a riparare i “difetti del Sé” del paziente. Nel 1934 Mead aggiunge al costrutto di empatia una componente cognitiva.

Secondo la teoria dei neuroni specchio, elaborata dal gruppo di Rizzolatti, l’empatia nasce da un processo di simulazione incarnata (Gallese, 2006) che precede l’elaborazione cognitiva.

Fassino(2009) evidenzia poi come nell’attivazione dell’empatia si realizzi: un processamento delle emozioni dal basso verso l’alto, nell’esperienza di condivisione delle emozioni altrui, e un processamento delle emozioni dall’alto verso il basso, attraverso il controllo delle funzioni esecutive, che permette di regolare e modulare l’esperienza di condivisione.

Fonte web

Leggere fa bene : al corpo , allo spirito e alle relazioni sociali!

Non sto a tediarvi sul numero di ricerche e  sui dati statistici che riguardano i benefici della lettura, ma vorrei elencare quelli  che probabilmente non avete considerato.

Ma lettori si nasce o si diventa? Indubbiamente qualcuno è facilitato nel compito, ma recenti scoperte confermano che leggere cambia la struttura del cervello.  Applicando dei programmi di lettura per almeno sei mesi seguiti da test che ne valutano gli effetti  si è evidenziato che la materia bianca del cervello sita nella zona del linguaggio è aumentata.

Risulta quindi abbastanza scontato che la lettura “metta in moto il cervello” per cui è un ottimo aiuto sempre, ma diventa indispensabile con l’avanzare dell’età. A volte per problemi di vista si tende ad evitare, ma in questo caso anche gli audiolibri possono essere di aiuto. Gli stessi  si sono rivelati utili anche per i  bambini dislessici che hanno problemi a seguire una storia scritta per le difficoltà “interpretative” dei segni della lingua. La lettura ad alta voce inoltre favorisce l’immagazzinamento delle informazioni.

Personalmente amo la carta, ma anche gli e-book sono efficaci strumenti di lettura ed hanno il vantaggio di essere disponibili su strumenti poco più grandi di uno smartphone con la possibilità di contenere migliaia di titoli in pochi grammi! Se vi sembra difficile fare questo passaggio vi segnalo che in realtà sono solo resistenze: il vostro cervello si abituerà al cambiamento in solo sette giorni!

Fondamentale per sviluppare l’immaginazione i libri fanno sognare, provare le sensazioni dei protagonisti, portano in posti lontani il tutto in totale sicurezza! Nel nostro cervello man mano che le vicende vengono narrate vengono create delle immagini che hanno effetti reali nella mente. Ovvero tutto ciò che proviamo leggendo crea una reazione nel nostro cervello come se quelle avventure le stessimo vivendo direttamente. Probabilmente vi sarà capitato di essere talmente assorti dalla lettura che vi sarà sembrato estraneo il suono del cellulare o avete fatto  fatica a capire se vi stavano chiamando oppure avete perso la fermata della metro! Studi ritengono che tra voi ed il libro si è creata una sorta di sintonia ovvero per la vostra mente è come se quelle esperienze le avete vissute veramente!

Naturalmente leggere per diletto e per studio (ovvero per piacere o per dovere ) cambia parecchio le cose : sembra che una lettura piacevole permetta una maggiore irrorazione alle diverse aree cerebrali, ma lo studio accademico migliora in modo significativo l’area dell’ippocampo e della corteccia cerebrale. La lettura ci permette di migliorare le nostre relazioni in quanto ci permette di divenire più empatici e quindi migliora la qualità delle nostre relazioni:  vivere la vita dei personaggi di una storia è una sorta di prova della vita reale.

DIETE ed AUTO SABOTAGGI

Oggi vorrei proporre una riflessione sugli atteggiamenti di auto sabotaggio che spesso vengono messi in atto, più o meno consapevolmente, da chi decide di mettersi a dieta. Come per ogni cosa ricordate che è il CERVELLO a muovere i nostri comportamenti per cui se impariamo ad usarlo a nostro vantaggio può essere un valido aiuto. Come? Sostituendo pensieri errati e false credenze con pensieri positivi e auto motivanti!

Perché? Perché sono i pensieri negativi a farci cadere nella trappola a circuito chiuso di abbuffate, spuntini e sensi di colpa.  La frustrazione ed i sentimenti negativi che l’accompagnano provocano veri e propri disturbi fisici sicuramente non utili per il nostro benessere e che minano la nostra volontà a continuare nella dieta.

Sì già la parola dieta è il problema. Sostituiamola  con piano/progetto per stare bene e piacerci e acquisterà una dimensione completamente diversa e positiva. Un impegno verso se stessi, un progetto con un inizio ed una fine ed un viaggio in mezzo dove scoprire tante cose su noi stessi e migliorarci.

Segue un elenco dei più comuni pensieri negativi e qualche consiglio per cambiare la loro natura aiutandoci nell’obiettivo:

COMINCIO DOMANI frasi frequente che non fa che procrastinare l’impegno. Se la dieta è una ragione valida va cominciata oggi. Perché? Perché se aspetti domani o lunedì, nel frattempo continuerai a mangiare e ti troverai gonfia e con ulteriore peso da smaltire con l’aumento dell’impegno da affrontare.

SII POSITIVA Non ti abbattere se non cali subito di peso. Se stai facendo tutto bene prima o poi il corpo si sbloccherà Non ci sono ragioni per cui non tu non debba perdere peso. Ognuno ha i suoi tempi. Rispetta il tuo!

TIENI ALTA LA MOTIVAZIONE Credi in te stessa. Certo che ce la puoi fare. Metti in bella vista quel paio di jeans che ti stavano da dio e non dimenticare quanta voglia hai di indossarli di nuovo!

NO NON SEI COME TUA MADRE Puoi essere migliore, più forte. Se di lei alcune cose (o il fisico) non ti piacevano deve essere uno stimolo a migliorarsi non ad abbattersi. Se la tendenza di famiglia è ingrassare a maggior ragione bisogna incrementare uno stile di vita sano!

LA META E’ IMPORTANTE Sei sicura di esseri messa l’obiettivo giusto? Sembrare una modella ventenne a 50 anni forse non è proprio fattibile. Cerca un modello positivo che più si avvicina a te come fisico e spirito!

QUANDO SARO’ MAGRA SARO’ FELICE. Il pensiero più triste e pericoloso di tutti! Non delegare all’ago della bilancia la tua felicità. Sii felice ogni giorno o almeno provaci al di là del peso e della taglia. Se sarai felice riuscirai a dimagrire, se aspetti non lo sarai MAI! Ho visto passare gli anni infelici di  persone che “non hanno vissuto” in attesa del mito magra uguale felice!

QUANDO VUOI UNA COCCOLA solo le parole di un’amica o del compagno possono rassicurarti non un panino o un pacchetto di patatine cerca di comprenderlo … il vasetto di  Nutella NON è un surrogato d’amore!

NON FARTI PRENDERE DALLA FRETTA Il corpo ha bisogno dei suoi tempi ed anche la testa. Non servono digiuni pericolosi, ma una continuità degli sforzi proporzionati alle nostre capacità . Solo così saranno duraturi ed eviterai l’effetto yo-yo.

VIA I SENSI DI COLPA Hai ceduto? Ok non è successo nulla. Riprendi in mano la situazione e comincia da dove hai lasciato. Un dolce a metà pomeriggio deve farti venire delle domande e non dimenticare la dieta. O peggio ricominciarla domani perché…TANTO ORMAI!

Da una visione “ego”centrica del mondo ad una “eco”centrica : la psicologia diventa Green

Stress e depressione sono malattie specifiche dei nostri giorni dovute ai ritmi che manteniamo a ciò che mangiamo ed anche a come pensiamo. I nostri pensieri sono notevolmente condizionati dalle  immagini che vediamo ogni giorno nella realtà o attraverso la tv o il web.  Tifoni dai nomi epici, crolli di ponti che trasformano una giornata qualunque in una tragedia, incendi, maltrattamenti degli animali e l’elenco potrebbe essere infinito.

Sentirsi annichiliti davanti a tanto orrore è il minimo. Vivere sensazioni di disagio , oppressione ed impotenza molto comuni. In città il contatto con la natura è abbastanza limitato e quando succedono quei fatti eclatanti che la cronaca riporta in tempo reale può creare un disagio fino a vere e proprie forme depressive.

Dall’unione di due discipline, l’ecologia e la psicologia, è nata la Eco-psicologia  che  ha lo scopo di favorire  la persona a riprendere contatto con la natura al fine di creare energie positive , mentali e fisiche. Che la vita a contatto con la natura porti a benefici immensi è confermata da tantissimi studi che hanno portato alla nascita di terapie alternative/complementari anche attraverso il contatto e la cura degli animali come la Pet Terapy o  la Hippoterapia e tante altre.

Malati o carcerati che hanno la possibilità di vivere spazi verdi hanno un recupero più veloce nel primo caso e sono meno aggressivi nel secondo. Nella nostra quotidianità imparare a vivere nella natura , nel rispetto dell’ambiente, praticare il riciclo, evitare gli sprechi, piantare un albero o coltivare una pianta di basilico sono attività che ci portano a contatto con la natura ce la fanno apprezzare. Ci restituisce, gioia, benessere, serenità e soddisfazione.

Che non risulti essere una moda passeggera, ma una vera e propria presa di coscienza da parte di operatori e  pazienti è importante ; per il futuro dell’ambiente come per la nostra salute mentale. In una intervista ad AdnKronos la Dott.ssa Marcella Danon che dirige la prima Scuola di Ecopsicologia in Italia in provincia di Lecco ha dichiarato:  La visione del mondo che coltiviamo e che ha sostituito la bellezza e la salubrità con la bruttezza e l’inquinamento – spiega – è una visione che può portare alla depressione. È necessario invece recuperare il contatto con la natura e le sue leggi, ricordare sempre che ogni cosa ha una sua storia. Un ciclo vitale che dobbiamo tenere presente nella sua interezza per contrastare la tendenza contemporanea a vivere solo il presente rendendoci incapaci, nei momenti di difficoltà, di vedere il bello che c’è stato prima e quello che verrà poi.

Riflessioni sul viaggio e viaggiare

Hai mai pensato a che tipo di viaggiatore sei? Potresti scoprire tante cose di te!

Estate. Da piccoli significa vacanza. Significa più tempo con gli amici,  niente scuola. Da grandi significa riprendere ritmi più idonei alla propria personalità significa meno vincoli di orario oppure un periodo fuori dalla routine del quotidiano, spesso significa viaggio.

Che la meta sia un’isola lontana , un paese esotico o il paesello dei nonni poco importa. Quel che importa davvero è uscire dal solito tram tram e affrontare qualcosa di nuovo. Avere un progetto leggero (per la testa) che ci faccia sognare, organizzare e pregustare. Mare, monti o città d’arte la parola d’ordine è cambiare gli schemi,respirare aria nuova fare  cose nuove e provare cibi nuovi.

Non per tutti il viaggio ha però questa trama affascinante per qualcuno significa uscire dalla zona di confort significa affrontare l’ignoto (anche se a pochi passi da casa) significa perdere i propri riferimenti. Non per tutti il viaggio è felicità. Per alcuni vuol dire paura, imprevedibilità  e preferiscono rimanere tra le proprie quattro mura ritenute rassicuranti e continuare a fare la spesa nello stesso posto, incontrare gli amici nello stesso locale.

Per il viaggiatore ogni istante è crescita personale: incontri, informazioni anche gli incidenti di percorso. Il viaggio diventa il mezzo per confrontarsi,  in qualche modo ricrearsi. Prende energia dal viaggio e contemporaneamente ne immette in un flusso continuo. E tutto quello che ne viene rimarrà custodito nella memoria insieme alle foto, agli oggetti comprati o trovati nel cammino. Non dimentica la vita di tutti i giorni, semplicemente la mette in stand-by per dare sfogo a quella parte che non può essere vissuta giornalmente.

Per qualcuno chiudere la porta di casa è causa d’angoscia. Per qualcuno più di altri. In generale anche se nella vita si sono affrontati tanti viaggi una piccola parte di timore c’è poiché per ogni inizio c’è inevitabilmente una fine ed in fondo affrontare l’ignoto ci lascia sempre un po’ guardinghi anche se poi in corso d’opera finiamo per essere affascinati proprio dall’ebrezza dell’inaspettato che ci si presenterà.