L’impossibilità di NON comunicare

Vorrei oggi soffermare l’attenzione su una proprietà del comportamento umano in apparenza ovvio e quindi trascurato: il comportamento non ha un suo opposto. Per dirla in parole semplici non esiste un “non comportamento” quindi non è possibile NON avere un comportamento.

Se consideriamo il comportamento all’interno di una interazione si comprende che acquista il valore di messaggio ovvero il comportamento è comunicazione, quindi per quanto possiamo sforzarci è impossibile non comunicare. Le parole o il silenzio, l’attività o il suo contrario tutto ha valore di messaggio di conseguenza creano influenza sull’altro che a sua volta non può non rispondere. L’uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in un bar o quello che sta seduto in treno con gli occhi chiusi entrambi comunicano che non vogliono essere disturbati, che non vogliono che qualcuno gli rivolga la parola. In genere chi è vicino “risponde” al messaggio non coinvolgendolo in chiacchiere o attività. Non possiamo dire che questa non sia comunicazione al pari di uno scambio animato di idee.

Non si può neanche asserire che sia comunicazione solo quella intenzionale, conscia ed efficace, quando c’è comprensione reciproca. Infatti sul problema della comunicazione fraintesa si sono scritti volumi in quanto la comunicazione contiene proprietà formali e a volte ci troviamo di fronte a  problematiche indipendentemente da quello che erano le intenzioni o motivazioni dei comunicanti.

Ciò riveste particolare importanza nella patologia in quanto le assurdità, il silenzio, il ritrarsi, l’immobilità ed ogni forma di diniego sono anch’essi comunicazione che può essere interpretata come evitamento della comunicazione, ma che diventa immancabilmente una forma di comunicazione essa stessa.

Da:

Pragmatica della comunicazione umana

ed. L’astrolabio

Il Counselor NON è uno Psicologo

Cari amici e spettabili pazienti/clienti ai fini della vostra tutela rendo noto un comunicato inviato dall’Ordine Degli Psicologi del Lazio relativo all’esercizio abusivo della professione di Psicologo da parte dei cosiddetti Counselor

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 Cosa succede dentro gli studi dei counselor?

Un’inchiesta giornalistica di Luca Bertazzoni ha aperto le porte di alcuni studi di counselor, svelando i possibili rischi per la salute dei cittadini.

È preoccupante vedere come, pur in presenza di casi che esprimono chiaramente una domanda psicologica, nessuno dei counselor ripresi riconosca i limiti della propria competenza, invitando il cliente a rivolgersi ad uno psicologo per ricevere un adeguato supporto psicologico. Con il risultato di fornirgli indicazioni sbagliate quando non estremamente dannose.

 

Clicca qui per l’inchiesta giornalistica completa, ripresa anche dal portale Repubblica.it.

 

L’esercizio abusivo della professione di psicologo rappresenta un fenomeno di elevato allarme sociale, non soltanto perché mette a serio rischio la qualità e l’affidabilità delle prestazioni tutelate dagli Ordini professionali, ma perché lesivo del diritto alla salute della cittadinanza.

 

Nonostante la sentenza n.13020/2015 pronunciata dal Tar del Lazio abbia ricondotto il trattamento sanitario di ogni disagio psicologico, anche lieve, all’esclusiva competenza dello psicologo, l’esercizio abusivo della professione di psicologo continua a rappresentare un rischio per il diritto alla salute della cittadinanza.

 

Riconoscere un caso di esercizio abusivo della professione non è semplice e può accompagnarsi a interrogativi e perplessità, in particolar modo per chi è privo degli strumenti necessari o si trova in una situazione di fragilità emotiva.

Per aiutare chi volesse denunciare per danni alla salute presunti professionisti non abilitati alla professione di psicologo, abbiamo istituito due ulteriori risorse:

  1. la guida Tuteliamo la nostra professione. Come riconoscere un esercizio abusivo della professione e come segnalarlo, che aiuta a definire quando si è in presenza di un esercizio abusivo della professione di psicologo e come fare per segnalarlo;
  2. lo Sportello legale per le vittime di esercizio abusivo della professione di psicologo, che offre un sostegno legale per affrontare il percorso di tutela salute e risarcimento danni.

Parola d’ordine ottimismo!

Ottimismo bella parola! Secondo Wikipedia l’ottimismo è un atteggiamento che si manifesta nel modo di sentire, pensare e di vivere contraddistinto dalla positività o quantomeno dal suo prevalere sulla negatività. Gli ottimisti tendono dunque a guardare “il lato positivo delle cose” e ad assumere la buona fede nelle persone.

Nel vivere comune parliamo di persona positiva raffigurabile con il tipico quesito del bicchiere mezzo pieno in contrapposizione al pessimista che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto. Esistono tante scuole di pensiero che invitano alla positività, ad una visione ottimistica della vita, ma ci sono giornate in cui tutto sembra andare storto , ci sono individui  ai quali accadono un’infinità di momenti negativi come si fa a dire a quelle persone prendila con filosofia , sii positivo?

Eppure anche i contrattempi possono diventare una sfida grazie al pensiero laterale positivo. Sarebbe un peccato non cercare di applicarlo nella vita di tutti i giorni poiché può anche aumentare la nostra salute fisica e mentale quindi perché non provarci? Tante ricerche confermano  la relazione positiva tra la qualità della vita e l’ottimismo. Riuscire a vedere il lato positivo delle cose rende l’aspetto negativo meno importante e ci aiuta a trovare soluzioni cambiando punto di vista.  Non solo la vita famigliare e personale migliora, ma anche le questioni di cuore e la carriera. Molti studi condotti su donne operate di cancro al seno confermano che il vissuto di malattia e la guarigione sono strettamente correlati ad un atteggiamento positivo. Anche l’anzianità e la disabilità che inesorabilmente aumenta con l’età sono migliorati da un atteggiamento positivo.  Riuscire a dare meno peso agli eventi stressanti permette maggiori performance ed un più alto raggiungimento degli obiettivi.  Per  evitare il pessimismo è necessario coltivare l’abitudine al pensiero positivo. Non basta farlo ogni tanto in modo isolato, ma ogni giorno cercando di vedere ogni cosa con occhi nuovi tralasciando vecchi pensieri ed impostazioni mentali

Verosimilmente per alcuni risulta un tratto di personalità innato, ma molti psicologi ritengono che la positività si possa imparare anche valorizzando se stessi. Io sono una di quelle e credo che valga la pena di provare (almeno per non rovinarsi la vita da soli!)

La capacità di ascolto e la società odierna

Lo scrittore e oratore J. Krishnamurti riteneva che “Ascoltare è un atto di  silenzio” “. In effetti saper ascoltare è molto più difficile di quanto si pensi. Parlare con qualcuno impone ascolto attento e silenzio. Per farlo è necessario prestare attenzione e rispetto. Rispetto significa non sovrapporre le proprie parole a quelle dell’altro. Significa riflettere prima di rispondere. Significa capire esattamente quello che l’altro vuole dirci mostrandoci empatici ovvero cercando di comprendere i sentimenti che animano la persona che parla con noi. Se noi blocchiamo il nostro interlocutore prima che abbia finito di parlare il dialogo  subisce malformazioni. Se abbiamo interrotto pensando di aver capito quello che dice l’altro, se stiamo interpretando le sue parole, se giudichiamo, se parliamo di noi… quella comunicazione ha preso una brutta strada. Oggi c’è tanto bisogno di comunicare, ma pochi hanno la voglia o la capacità o la pazienza di ascoltare l’altro.  C’è però un’altra verità : disagi, malcontenti, ma anche vittorie vengono continuamente “vomitate addosso” all’ascoltatore che quindi passa dall’ascoltare al sentire perdendo in breve tempo l’interesse e quindi l’attenzione. Fretta, superficialità,  non ascolto sono la causa di questa situazione.

Spesso si è presi dall’urgenza di rispondere qualcosa che si finisce per non sentire neanche ciò che si dice finendo per risultare fuori contesto. Quando poi tutti vogliono parlare nello stesso momento non esiste un dialogo, ma monologhi che si sovrappongono.

Ascoltare significa cercare di dirigere l’attenzione al nostro interlocutore entrare nel suo mondo, nelle sue emozioni. Implica uno sforzo per captare il messaggio che va oltre le parole. Lo sforzo inteso anche a bloccare quel dialogo interiore che ci porta a non ascoltare l’altro nella fretta di dire la nostra. Però è difficile avere un dibattito interessante se non si è posta la giusta attenzione a chi abbiamo davanti, se non abbiamo aperto cuore e mente e non solo orecchie. Solo in questo modo la persona sentirà che è stato accolto che gli è stata data importanza e questo creerà un clima di rispetto e fiducia. In fondo un buon dialogo è il risultato del giusto equilibrio tra il saper ascoltare e il saper parlare.

Il mio augurio per una buona qualità della vita:  Sviluppate la vostra abilità di saper ascoltare!

La realtà dell’apparenza dal mondo dei social alla realtà virtuale

Se volessimo caratterizzare la società del nostro tempo, almeno in minima parte, potremmo affermare che essa è vissuta dagli attori sociali che vivono al suo interno come un’immersione dentro mondi ubiqui: da un lato quello della realtà, dall’altro quello delle immagini. Questi mondi sembrano sempre più confondersi , nella loro continua e quotidiana intersecazione e tendono sempre più a confondersi e a distaccarsi allo stesso tempo, comportando una difficoltà di percezione inerente la definizione di realtà che soggettivamente dobbiamo avere, per poter agire in modo consapevole ed appropriato.

In questa società fenomeni che sembravano acquisiti nella loro concretezza tendono a sfumare, a confondersi. Ciò porta gli attori sociali a ri-costruire le proprie visioni del mondo,  nella consapevolezza  però che esse saranno, comunque passeggere, relative ai diversi contesti in cui si vive ed agisce, in cui il passato vive con il presente formando catene elastiche. Ciò non riguarda solo i singoli individui, ma anche i gruppi sociali, dove il continuo movimento indotto dalle fusioni e dalle stabilizzazioni percepite e codificate porta  ad una strutturazione a cui segue una de-strutturazione in un sistema non lineare. In questo contesto la conoscenza non può che essere dinamica, mutante, ma anche stabile, dove i punti di riferimento cambiano continuamente.

Viviamo in una società caratterizzata dalla propria moderna liquidità che si concretizza sempre più in apparenza diventando paradossalmente sempre più materiale, dove oggetti, cose, situazioni che sembrano esistere solo per immagine una volta entrate nel nostro essere sociale mediante la visione si caratterizzano come reali. Sembra che non tutti siano in grado di captarle criticamente poiché mancano strumenti utili per questo tipo di conoscenza. Nel mondo virtuale le immagini vengono manipolate, costruite e trasmesse. La nostra immersione nel mondo delle apparenze le fa sembrare reali creando a volte delle spaccature, dei corti circuiti nell’apparato intellettivo personale e sociale.

Fonte: la realtà dell’apparenza edizioni Kappa 2015

Il reattivo dell’albero

L’idea di far disegnare un albero per giungere ad una descrizione della personalità è partita da Emil Jucher. Avvalendosi delle sue ricerche ,parecchi altri studiosi hanno adottato il metodo,interpretando i disegni però su basi prevalentemente intuitive. Col passare degli anni, si è accumulata una grande quantità di materiali che ha fornito elementi di interpretazione più stabili ed obiettivi. E’ venuta così a costituirsi una prova di facile applicazione e ben accettata dai soggetti. Il soggetto si prepara ad essa senza preconcetti, convinto che si voglia da lui  un saggio delle proprie capacità ed attitudine al disegno. Il risultato della prova , anche se non consente una completa analisi del carattere, può illustrare i dati ottenuti con altri metodi, arricchirli, oppure metterli  in dubbio.

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La prova dell’albero appartiene alla categoria dei reattivi proiettivi. Con un reattivo proiettivo viene stimolata la psiche. Naturalmente possono reagire livelli e lati della personalità diversi anche in modo ineguale ed incompleto.

Rimarranno delle isole non stimolate dal tema proposto, ma che magari potrebbero  esserlo con prove di altro genere; per cui si ha ragione quando si afferma che nessun reattivo è in grado di inquadrare perfettamente l’intero individuo e che quindi , per potersi avvicinare quanto più possibile a risultati obiettivi, occorrono metodi essenzialmente diversi integrati tra loro.

 

fonte Il reattivo dell’albero- giunti editore

Identità personale in un mondo che cambia: la personalità

Se il mondo è bello perché è vario lo è perché gli individui sono tanti e diversi e ad ognuno in base alla propria cultura ed esperienza  è permesso di fare scelte, considerazioni ed azioni.

Quando parliamo di personalità ci riferiamo al complesso insieme dei sistemi psicologici che contribuiscono all’unità e continuità della condotta sia come viene espressa sia come viene percepita dagli altri. L’individuo vede la propria personalità come un insieme di qualità ed inclinazioni che danno un senso alla propria identità ed unicità. Da parte dell’osservatore le caratteristiche individuali distinguono l’uno dall’altro, ma permettono anche di creare opinioni che vengono organizzate in credenze. Per lo scienziato la personalità è un insieme psicologico che emerge dalle interazioni dell’individuo con l’ambiente per cui si sviluppano gradualmente nel corso della vita.  Le persone sono agenti attivi che contribuiscono al loro sviluppo attraverso le loro scelte ed azioni determinando la natura delle loro esperienze e i tipi di persone che diventeranno. Le persone quindi contribuiscono attivamente allo sviluppo delle proprie capacità.

Esistono anche i processi mentali in questa costruzione : convinzioni e criteri interni che regolano il comportamento. Emozioni e pensieri si influenzano reciprocamente dando il via a scelte e relative azioni. A volte sfuggono alla coscienza , ma alcune persone hanno grande consapevolezza e controllo delle proprie esperienze. Riflettere sul passato e le esperienze in atto permette di identificare contesti, relazioni ed opportunità  che contribuiscono a migliorare la regolazione  della vita sociale ed emotiva. Le interazioni sociali contribuiscono la base per la costruzione di un senso coerente di sé.  Riflettendo sulle proprie esperienze e condividendole con gli altri si sviluppano credenze relative alle proprie qualità personali  sia di quelle degli altri individui: naturalmente culture diverse generano convinzioni diverse.

Esistono una coerenza e continuità nella personalità che possono essere evidenziate solo analizzandole attraverso le azioni compiute nell’arco della vita. Le azioni  sono al servizio di obiettivi  tra cui quello di mantenere il senso d’identità personale. Le crisi personali, i cambiamenti della vita inducono le persone a cambiare ed adottare nuovi ruoli sociali  e professionali. Spesso sono una vera e propria sfida  per la coerenza al senso di continuità.  Mantenere la propria identità significa fare cambiamenti psicologici e la capacità di cambiare strategie  ed obiettivi  risulta avere una rilevanza adattiva importante  ai fini del funzionamento della personalità. Come dire: rimanere se stessi cambiando in continuazione.

Vivere in costante cambiamento: opportunità o stress ?

Ancor prima di venire al mondo subiamo cambiamenti. Dapprima solo fisici, poi psicologici ed infine anche sociali/relazionali. Il costante cambiamento è un fatto innegabile per l’essere umano. Perché si fa così fatica ad accettare il fatto che la nostra esistenza sia composta da cicli, fasi e tappe? In senso evolutivo cambiare significa crescere e non può rappresentare qualcosa di cui avere paura. Spesso ci si aggrappa al passato, ma ciò impedisce di vivere bene il presente e non accettare il futuro. Non è facile accettare la fine della giovinezza o altri importanti cambiamenti poiché questo genera incertezza. Ogni cambiamento genera una crisi e la risoluzione dipende in gran parte dal modo in cui l’affrontiamo.

Alcuni cambiamenti, e le relative crisi, sono inevitabili quali andare a scuola per la prima volta, il menarca per le ragazze, le perdite che subiamo durante la vita, ma anche affrontare una malattia, i cambiamenti fisici e psicologici di una gravidanza o della menopausa o la perdita del lavoro non sono vissuti allo stesso modo dalle persone.

Alcuni cambiamenti  fanno male, arrivano all’improvviso ci trovano impreparati. Un errore che spesso si compie è quello di combattere il cambiamento : è il modo migliore per perdere e …soffrire. Il cambiamento va accettato. Ci deve attraversare. Solo così possiamo coglierne le potenzialità. Più ci si oppone, più si perde tempo, più ci si fa male. Affrontate l’incertezza del cambiamento come un’ opportunità. Non piangete, non “sbattete la testa al muro”, ma aprite gli occhi e guardate con coraggio e fiducia ciò che sta accadendo. Ci sono persone che trovandosi ad affrontare una tremenda malattia o una dolorosa perdita si scoprono forti in misura tale da essere di aiuto agli altri e dare grandi lezioni di vita grazie al loro ottimismo.

Questo non significare non soffrire, non sentirsi spiazzati e non sentire la terra franare sotto i piedi, ma passato il primo momento di sconforto è necessario affrontare la realtà mettendo in conto anche i tanti momenti bui che arriveranno quando sarete stanchi e sfiduciati. Se avete chiaro che il fine della vita è quello di essere felici, capirete che è necessario cercare nuove strade, nuove opportunità. Certo una buona dose di fiducia personale, di autostima e determinazione sono di grande aiuto per uscire dalla zona di confort.

I cambiamenti spesso sono necessari per imparare e crescere, ma fondamentale per trovare strumenti ed opportunità è cambiare il punto di vista.

Il ruolo della figura paterna nello sviluppo psicologico del bambino oggi

In occasione della festa del papà propongo una riflessione sulla figura paterna che dal dopo guerra in poi è cambiata notevolmente. Nella società attuale i ruoli tradizionali  sono saltati a favore della donna che oltre alla funzione di accoglimento all’interno della famiglia acquisisce anche ruoli sociali riconosciuti : lavora e fa carriera. Contribuisce quindi al mantenimento economico e alle decisioni riguardo casa e figli. Maggiori responsabilità alla donna/mamma a discapito dell’uomo/ padre che perde terreno.

Sembra quasi che la società si stia ribellando al vecchio modello di figura paterna e stia cercando una nuova identità . Non un modello intoccabile  legato all’informalità e alla distanza , ma di un padre con dei sentimenti e responsabilità funzionali per esser considerato una colonna portante delle relazioni familiari al pari della madre.

“La domanda da porsi a questo punto è: in una società che ha influenzato particolarmente la cultura dell’essere maschio ed esser padre, che ha accettato la differenziazione dei ruoli come un dato quasi divino e che ha fortemente concentrato l’attenzione sulla donna/ madre come figura di attaccamento per eccellenza, dovuto a un legato definito “naturale” o “biologico, c’è ancora spazio per revisionare o meglio ancora ritrovare l’importanza della figura paterna, emotivamente partecipante allo sviluppo psico-fisico del figlio, compagno di viaggio, un alleato fedele?”*

Sebbene si registrino un aumento di padri che ritengano meravigliosa l’esperienza e nuove opportunità come il sostegno alla famiglia ed il congedo obbligatorio per il padre, in realtà questa trasformazione dei padri è puramente virtuale e teorica.

La presenza di un padre all’interno della famiglia è essenziale in tutte le fasi della crescita del figlio per la costruzione della sua identità. Sebbene siano diverse le modalità di rapporto con la femmina e con il maschio ,  l’assenza della figura paterna produce una ferita relazionale in una figlia ed una ferita d’identità in un figlio. Questo perché il padre contribuisce a creare stabilità, affettività e sicurezza.

Quindi è indispensabile che il “padre” venga ritrovato non solo dal contesto sociale e familiare ma anche dai mass media e dalle istituzioni, sottolineando quelle trasformazioni già in atto nelle famiglie e convenendo sul fatto che il padre è una risorsa oltre che un elemento peculiare nella gerarchia familiare.

*FONTE WEB (riflessioni)

Le persone fanno la differenza (nel lavoro e nella vita privata)

Quante volte è capitato di chiedervi come mai ad alcune persone (anche a voi stessi) sembra sempre andare tutto per il meglio, mentre ad altri non ne riesce una giusta?

Le persone non sono tutte uguali perchè ognuna con caratteristiche, storie  ed esperienze diverse. Quali sono quelle peculiarità che rendono la persona vincente rispetto ad un’altra?

Per prima cosa prenderei in esame i valori, perchè sono i valori a fare la vera differenza. Le persone in gamba credono in se stesse, stabiliscono obiettivi prima di agire (non agiscono alla cieca per intenderci), credono negli altri supportandoli e facendosi supportare quando non si riesce da soli. Pretendono performance ambiziose da sè e dagli altri (ovvero non si accontentano).

La creatività e l’innovazione permettono di aprire la mente a nuove soluzioni. Le persone che le posseggono hanno coraggio a rompere gli schemi affermando la propria unicità. Se sbagliano ne traggono il giusto vantaggio dell’aver imparato qualcosa di nuovo per migliorare la strategia.

Bisogna dimostrare passione ed empatia, porsi sfide positive. Necessaria accuratezza in ogni cosa che si fa senza lasciare al caso. Saper anticipare o imparare dagli inconvenienti. Abbracciare i cambiamenti, restando fedeli a se stessi, essere ambiziosi rimanendo con i piedi per terra per non perdere le opportunità. In poche parole bisogna essere coraggiosi imparando a combattere senza arrendersi con grande fiducia nelle proprie capacità senza dubitare.

Tutte queste caratteristiche sono indispensabili nella vita privata con gli amici e la famiglia per condividere al meglio momenti importanti, ma anche per una migliore organizzazione famigliare, delle tempistiche ecc. Fondamentali lo diventano anche nel lavoro dove la collaborazione è importante e dove non bisogna mai sottovalutare le idee degli altri perchè possono essere la chiave giusta per risolvere un problema. Essere di supporto ad un team di lavoro e saper delegare è importante quanto credere in quello che si fa.