Iniziare una dieta di lunedì aumenta davvero le probabilità di successo?

Non è un luogo comune, recenti studi confermano che il lunedì, essendo il primo giorno della settimana, innesca una sorta di reset nella nostra mente, è vissuto come un nuovo inizio a cui affidare i nostri buoni propositi. Nel caso della dieta passati i “bagordi” del fine settimana ci si sente a posto con la coscienza se iniziamo uno stile alimentare più sano!

Approfondiamo questo tema:

il nuovo anno, gennaio ed anche il lunedì sono vissuti come nuovi inizi. Momenti in cui è possibile lasciarsi il passato alle spalle, si ha l’entusiasmo e l’illusione che si possano fare i veri cambiamenti e ci si crede davvero! I buoni propositi del nuovo anno in genere a fine gennaio sono già dimenticati, quelli del mese, in genere sono a gennaio o a settembre (per qualcuno il vero inizio dopo le ferie estive), giorno per giorno perdono di efficacia e quindi non rimane che appellarsi al lunedì che si presenta settimana per settimana per rinnovare le buone intenzioni! Ma anche in questo caso quanto dura riuscire ad evitare gli sgarri? L’avvicinarsi del fine settimana fa vacillare anche la persona più convinta fino a naufragare in un mare di sensi di colpa aggiustati il lunedì seguente!

Nel lungo termine questi nuovi inizi, che non hanno un riscontro, possono rappresentare una frustrazione ed uno stress.

Allora non c’è un giorno in cui avere più probabilità di successo?

Non sono le convenzioni sociali a farci raggiungere gli obiettivi, ma il sì che diciamo a noi stessi! Quando quel sì arriva non è importante il giorno della settimana, il mese o l’anno! La differenza sta nella scelta che facciamo per noi: volere fa rima con potere! Se invece “dobbiamo” è un’imposizione che non ci porterà da nessuna parte. Lavoriamo sul positivo facciamoci trascinare dall’entusiasmo per una nuova casa, un nuovo lavoro, una promozione  per cominciare un’alimentazione corretta per noi come regalo da fare a noi stessi in un buon momento e non come un sacrificio!

Concludendo è importante che ogni inizio vada affrontato con lo spirito giusto e solo quando ci si sente pronti, ma fate attenzione anche al procrastinare (lo fate con tutto non solo con la dieta fateci caso!) allontana sempre più l’obiettivo, rende nervosi, insoddisfatti ed allunga irrimediabilmente la strada da percorrere aumentando il disagio verso il proprio corpo, l’aumento della predisposizione a patologie e la considerazione di non esserne capaci con svilimento dell’autostima. Quindi il miglior momento è: ADESSO!

Storia con morale di gennaio

Mia madre aveva un sacco di problemi. Non dormiva, si sentiva esausta, era irritabile, scontrosa, acida e sempre malata, finché un giorno, all’improvviso, cambiò.

La situazione intorno a lei era uguale, ma lei era diversa.

Un giorno, mio padre le disse:

– tesoro, sono tre mesi che cerco lavoro e non ho trovato niente, vado a prendermi un po’ di birre con gli amici.

Mia madre gli rispose:

– va bene.

Mio fratello le disse:

– mamma, vado male in tutte le materie dell’università…

Mia madre gli rispose:

– ok, ti riprenderai, e se non lo fai, allora ripeterai il semestre, ma tu pagherai le tasse.

Mia sorella le disse:

– mamma, ho urtato la macchina.

Mia madre le rispose:

– va bene, portala in officina, cerca come pagare e mentre la riparano, ti muoverai in autobus o in metropolitana.

Sua nuora le disse:

– suocera, verrò a stare qualche mese con voi.

Mia madre le rispose:

– va bene, siediti sul divano e cerca delle coperte nell’armadio.

Ci siamo riuniti tutti a casa di mia madre, preoccupati di vedere queste reazioni. Sospettavamo che fosse andata dal dottore e che le avesse prescritto delle pillole di ” me ne frega un cazzo” da 1000 mg… Probabilmente rischiava di andare in overdose.

Abbiamo deciso di aiutare mia madre per allontanarla da ogni possibile dipendenza da qualche farmaco anti-Ira.

Ma la sorpresa fu quando ci riunimmo tutti intorno e mia madre ci spiegò:

” mi ci è voluto molto tempo per capire che ognuno è responsabile della sua vita, mi ci sono voluti anni per scoprire che la mia angoscia, la mia mortificazione, la mia depressione, il mio coraggio, la mia insonnia e il mio stress, non risolvevano i suoi problemi.

Io non sono responsabile delle azioni altrui, ma sono responsabile delle reazioni che ho espresso.

Sono quindi giunta alla conclusione che il mio dovere per me stessa è mantenere la calma e lasciare che ognuno risolva ciò che gli spetta.

Ho seguito corsi di yoga, di meditazione, di miracoli, di sviluppo umano, di igiene mentale, di vibrazione e di programmazione neurolinguistica, e in tutti loro, ho trovato un comune denominatore: alla fine tutti conducono allo stesso punto.

E io posso solo avere un’interferenza su me stessa, voi avete tutte le risorse necessarie per risolvere le vostre vite. Io posso darvi il mio consiglio solo se me lo chiedete e voi potete seguirlo o no.

Quindi, da oggi in poi, io smetto di essere: il ricettacolo delle sue responsabilità, il sacco delle sue colpe, la lavandaia dei suoi rimpianti, l’avvocato dei suoi errori, il muro dei suoi lamenti, la depositaria dei suoi doveri, chi Risolve i vostri problemi o il vostro cerchio di ricambio per soddisfare le vostre responsabilità.

D’ora in poi vi dichiaro tutti adulti indipendenti e autosufficienti.

Da quel giorno la famiglia ha iniziato a funzionare meglio, perché tutti in casa sanno esattamente cosa spetta a loro fare.

Autore:

Una donna felice!!!

dal web DonnedOnNeDONNE

Sopravvivere al Blue Monday

Era il 2005 quando attraverso Sky Travel, un canale televisivo britannico, viene diffuso un comunicato stampa che annuncia il Blue Monday ovvero il giorno più triste dell’anno! La sua “ricorrenza” è determinata nel terzo lunedì del mese di gennaio. Il colore blue in inglese viene indicato per rappresentare tristezza/malinconia per questo è stato coniato il termine Blue Monday. Sembra che una complicata equazione creata da Cliff Arnall, psicologo dell’Università di Cardiff, abbia rilevato alcune “congiunture” che possono determinare una giornata particolarmente triste. La prima è che è appunto lunedì, segue che gli addobbi natalizi sono ormai riposti in soffitta e questo conferma la definitiva fine dei giorni dedicati ad abbuffate e spensieratezza. Infine c’è la considerazione che sono lontane le prossime festività oltre che il tempo è grigio e freddo.

Le depressioni stagionali sono fatti certi, non sono certa riguardo al un giorno particolarmente triste, ma nel caso lunedì 16 gennaio foste pervasi da una profonda tristezza ecco qualche consiglio:

  • Non fatevi “contagiare” dai commenti sui social ed ascoltate bene le vostre sensazioni
  • Se vi sentite “un po’ giù” l’attività fisica è sempre consigliata, se non siete proprio degli atleti può essere l’occasione per fare almeno una bella passeggiata, vi aiuterà a distrarvi e a migliorare l’ossigenazione del sangue;
  • Potrebbe essere il momento buono per sistemare quelle cose che non avete mai tempo di fare (cassetti, armadi, scrivania!). Il movimento vi permette di rilassare la testa e terminato il lavoro ne sarete anche soddisfatti;
  • Cucinare qualcosa di buono. Vi ricordate come fare pizza e torte vi ha aiutato a sopravvivere al lockdown? Ecco se questo vi ha insegnato qualcosa usatelo!
  • Dedicatevi a voi stessi. Ascoltate della musica, Fate un bel bagno caldo, un massaggio con una crema profumata, ma anche dedicarsi ad un hobby o leggere un libro.

Curiosità:

  • L’espressione inglese “I’m feeling blue indica una situazione in cui si è tristi senza una ragione specifica; noi diremmo “giù di corda” ;
  • Nel film  “Inside Out” della Pixar è blu il personaggio che rappresenta la tristezza;
  • E’ determinato “blues” il genere musicale avuto origine nelle comunità afroamericane che esprime sentimenti tristi riguardo la loro condizione di schiavitù,
  • Il blu venne creato intorno al 2.200 a.C dagli egizi. Il blu era il colore che doveva scortare i morti nell’aldilà, infatti anche le bende in cui erano avvolte le mummie erano colorate di blu.

Cherofobia: la paura di essere felici

Sembra un controsenso eppure è una condizione abbastanza frequente. Si tratta della tendenza ad evadere momenti ed emozioni considerati positivi. Il termine viene dall’unione di due parole che derivano dal greco antico:  kairós  che significa momento propizio e fóbos che significa paura.

Le persone che ne sono colpite non riescono a gioire di momenti positivi, perché hanno sempre la sensazione che potrebbe accadere qualcosa di brutto a rovinare il momento. Il disagio che ne deriva crea danno a più livelli non solo personale, ma anche sociale.  Si arriva, come per tutte le fobie, ad evitare situazioni e persone per la paura di stare male o a disagio. Alcuni evitano relazioni sentimentali o hanno relazioni poco impegnative e passeggere per le quali “non vada la pena di soffrire” .

 L’evitamento della felicità è anche legato al senso di colpa. Una sensazione in cui non ci si sente in diritto ad essere felici. Ogni situazione che possa dare emozioni positive è in discussione. I pensieri più comuni sono: “se sono felice può accadere qualcosa di brutto, essere felici è una perdita di tempo, non vale la pena essere felici tanto poi accade sempre qualcosa di storto…”.

Si nota anche una certa difficoltà a condividere le emozioni in quanto ritenuto inutile o non propizio (può accadere qualcosa di brutto se dico che sono felice!)

Ma cosa crea una tale situazione?

Spesso dobbiamo tornare all’infanzia per capire il momento e la causa che l’ha innescata. In quel periodo un trauma o un lutto improvviso hanno smorzato l’entusiasmo seguente ad un momento bello o felice e ha causato una sorta di imprinting negativo. Non solo l’evento è in causa, ma anche le emozioni generate nel prima e dopo!

Cosa si può fare?

Sicuramente sono situazioni delicate che richiedono l’aiuto di un professionista. La prima cosa su cui indagare è cercare di capire la o le cause che hanno generato tale sintomatologia. Fa seguito un lavoro onesto su se stessi per riscoprire il valore delle emozioni positive.

Ti sfido a realizzare i buoni propositi del 2023, ma ti aiuto a farlo!

Eccoti a gennaio pieno di energia e buoni propositi. Se hai qualcosa in sospeso o un sogno nel cassetto è il momento di realizzarlo o per lo meno programmare tutte quelle azioni necessarie affinchè il sogno si avveri.

Sono certa che hai un elenco lunghissimo che comprende obiettivi che si rincorrono di anno in anno senza raggiungere la fase di realizzazione. ci metti molto entusiasmo i primi 15 giorni e poi preso dalla routine le buoni intenzione vanno sfumando per ritornare, con i sensi di colpa, al momento del bilancio di fine anno.

“Quest’anno sarà diverso” è ciò che ti dici ogni anno e a costo di mentire a te stesso lo dirai anche in questo mese, ma questa volta ti insegno qualche trucchetto affinchè tu possa utilizzare le tue energie al meglio e con soddisfazione.

Innanzitutto bisogna procedere per gradi alternando piccoli e grandi obiettivi. Il secondo step è valutare l’effettiva possibilità di realizzazione, ovvero la concretezza di un progetto. Ok essere sognatori, ma un minimo di realtà è necessaria. Il terzo step è pensare a questa lista con ottimismo e senso di sfida senza pensare che tanto hai tempo un anno per realizzarli, ma neanche che puoi realizzarli in una settimana!

Che tu abbia 30, 40, 50 anni o più non è importante basta la volontà di cambiare una volta per tutte il corso della tua vita e diventare anche un esempio per chi ti è vicino.

Inizia dall’obiettivo più difficile, ma contemporaneamente occupati di qualcosa di un po’ più semplice o che ha tempi di realizzazione più brevi. Ciò è necessario affinchè tu possa avere piccole soddisfazioni in attesa della realizzazione di quelli più importanti o difficili. Ciò apporterà energia all’ego che la utilizzerà per spingere l’acceleratore all’obiettivo finale.

Suddividi le tue giornate e fai ordine: prima con la testa e poi con le cose. Un’agenda, o più di una, è fondamentale per vedere su carta i passi che si compiono, se si rispettano i tempi o se è necessario cambiare la strategia. L’organizzazione è la parola d’ordine. Niente tempi stretti, ma abbastanza larghi per ogni attività. Serve a prevedere un imprevisto o permetterci la semplice stanchezza! Quindi vietati ritmi serrati che manterrete per non più di una settimana, ma ritmi sensati e a vostra dimensione che possano essere rispettati per lunghi periodi.

Una alimentazione sana, un minimo di attività fisica, momenti da dedicare ad un hobby non devono mai essere trascurati quando si hanno obiettivi da raggiungere. Non accampate la scusa del non ho tempo, ma organizzate le vostre giornate integrando questi aspetti che sono fondamentali per il buon funzionamento del corpo, della mente e dello spirito. In tutto questo ricordate che non siete soli, e sebbene io predichi spesso il sano egoismo, vi ricordo che gli affetti prendono parte attiva ai vostri progetti e quindi fatevi consigliare, supportare e condividete i risultati. Con la scusa di un obiettivo non dimenticate chi avete accanto! Anche dai vostri parenti ed amici potete ricevere energia ed entusiasmo: i momenti passati con loro sono importanti!

Storia con morale- dicembre 2022

L’anno sta per finire. Per qualcuno è volato per altri è stato infinito e non vede l’ora di voltare la pagina del calendario per un nuovo inizio. Un modo per “settare” la propria vita e ricominciare.. La percezione del tempo che passa è diversa per ognuno di noi ed è influenzata dalla situazione in cui ci troviamo, ma anche dalla mostra storia personale, dalle nostre credenze e da come sappiamo reagire alla frustrazione dell’attesa. Ecco quindi una piccola storia per voi. Una storia di redenzione alla Dickens per intenderci, molto profonda ed attuale per far riflettere tutti, ma in particolare i giovani che hanno fretta di crescere, bruciare le tappe…

“Massimo era un ragazzino a cui non piaceva aspettare. Quando era inverno e pattinava sul ghiaccio, non vedeva l’ora che arrivasse l’estate per poter nuotare; quando poi arrivava la tanto sospirata estate, desiderava l’autunno per poter giocare con il suo aquilone sul grande prato dei giardini pubblici. Insomma, se qualcuno chiedeva a Massimo qual era la cosa che più desiderava al mondo, riceveva una risposta ben precisa: «Io vorrei che il tempo passasse in fretta…». Un giorno d’autunno, Massimo si sentì chiamare: si voltò di scatto e vide una vecchietta che lo osservava con dolcezza. La vecchietta mostrò al ragazzo una scatoletta d’argento con un forellino da cui usciva un filo d’oro e gli disse: «Guarda, Massimo. Questofilo sottile è il filo della tua vita. Se proprio desideri che il tempo per te trascorra velocemente, non devi far altro che tirare un po’ il filo. Un piccolissimo pezzo di filo corrisponde ad un’ora di vita. Non dire a nessuno che possiedi questa scatoletta e buona fortuna!». La vecchietta scomparve. Il giorno dopo, a scuola, Massimo pensò di usare il filo per accorciare la lezione. Tirò con troppa decisione e sentì la voce del maestro che diceva: «Le lezioni sono finite. Potete andare a casa». Massimo pensò: «Oh, come sarebbe bello aver già finito la scuola e poter lavorare!». Decise di dare una bella tiratina al filo e così, la mattina seguente, si svegliò che aveva i baffi, faceva l’ingegnere e aveva messo su una bella fabbrica. Era molto felice del suo mestiere e per un po’ tirò il filo con moderazione, giusto solo per far arrivare in fretta i soldi a fine mese.Conobbe Maria, una bella ragazza. Fu un matrimonio bellissimo. Un particolare turbò Massimo per un momento: la sua mamma era invecchiata, aveva già molti capelli grigi. Si pentì di aver tirato così spesso il filo magico e promise a se stesso che, ora che era grande, non l’avrebbe fatto più. Ma un giorno Maria gli annunciò sorridendo che stava aspettando un bambino. «Aspettare» era un verbo che a Massimo non era mai piaciuto. Non seppe resistere alla tentazione di abbracciare presto suo figlio e ricominciò a tirare il filo quasi ogni giorno. Una sera lo tirò un po’ troppo e il giorno dopo si trovò un bel po’ più vecchio e con due figli: uno andava al Liceo e l’altro all’Università. Così tutto ricominciò da capo. Ogni volta che si presentava un problema, Massimo tirava il filo per risolverlo in fretta: quando gli affari andavano male, quandoqualcuno era ammalato, quando gli veniva voglia di sapere chi avrebbe vinto il campionato di calcio, quando voleva vedere subito come andava a finire lo sceneggiato a puntate della TV… Una mattina, Massimo si guardò allo specchio e scoprì di avere i capelli bianchi. Si sentiva molto stanco e insoddisfatto. Ora la sua casa era vuota e Maria (mamma mia, come era invecchiata anche lei) non riusciva a capire come mai lei e il marito non avessero molto da ricordare della vita passata insieme. «Sembra anche a te che tutto sia passato in un soffio?», gli chiedeva. «Come è possibile che i nostri figli siano cresciuti così in fretta?». Massimo non poteva rispondere e si sentiva molto triste. Erano ormai due vecchietti, pieni di acciacchi, e le giornate erano più lunghe che mai. Ma ora stava benattento a non tirare più il filo magico. Un giorno che sonnecchiava nel parco, sulla solita panchina, il vecchio Massimo si sentì chiamare. Aprì gli occhi e vide la vecchina che, tanti e tanti anni prima, gli aveva regalato la scatoletta con il filo magico. «Allora Massimo, com’è andata? Il filo magico ti ha procurato una vita felice, secondo i tuoi desideri?». «Non saprei… Grazie a quel filo non ho mai dovuto attendere o soffrire troppo nella mia vita, ma ora mi accorgo che è passato tutto così in fretta ed eccomi qui, vecchio e debole… Vorrei tornare ragazzino», sospirò con un po’ di vergogna. «E poter rivivere la mia vita senza il filo magico. Vivere come tutte le altre persone e accettare tutto quello che la vita mi riserva, senza più essere impaziente».

«Non ti resta che restituirmi la scatoletta e… buona fortuna, Massimo!». Appena Massimo pose nella mano della vecchina la scatoletta, si addormentò di un sonno profondo. «Ehi, dormiglione! Sveglia!». Massimo aprì gli occhi e si trovò nel suo letto, con la mamma (giovane e bella) che lo guardava dolcemente. Corse allo specchio e vide il suo solito volto paffuto da ragazzino. Baciò e abbracciò la mamma come fossero cent’anni che non la vedeva più.

(Bruno Ferrero)dal web”

Fai scelte giuste per te!

Eileen Caddy  era un’insegnante spirituale e autrice new age, meglio conosciuta come uno dei fondatori della comunità della Fondazione Findhorn presso l’ecovillaggio di Findhorn, vicino al villaggio di Findhorn*, Moray Firth, nel nord-est della Scozia.

Questi i suoi insegnamenti:

Scelgo di fare dei cambiamenti anziché avere scuse

Scelgo di essere motivato, non manipolato

Scelgo di essere utile, non usato

Scelgo l’autostima, non l’autocommiserazione

Scelgo di eccellere, non di competere

Scelgo di ascoltare la voce interiore e non l’opinione della gente

*Findhorn è una località Scozzese in cui dal lontano 1962 è stata costituita una comunità spirituale, pionieristica per la Nuova Era, aperta a tutti. Ognuno contribuisce al mantenimento della comunità occupandosi di una specifica attività (pulizia, giardinaggio, falegnameria, educazione ecc). allo scopo di sviluppare nell’individuo una consapevolezza più profonda che faciliti la sua trasformazione e lo aiuti nella sua realizzazione interiore, in armonia con le altre persone e la natura. In tal senso vengono regolarmente organizzati corsi educativi; uno dei programmi centrali riguarda la sintonizzazione con le energie della natura, anche per fini curativi.

Attraverso i suoi libri offre con semplicità e amore  ciò che ha ricevuto nella meditazione, un’esperienza unica in cui Eileen ritrova il significato del silenzio, la semplicità del momento e l’incontro con il bambino interiore. Riconosciuta a livello mondiale per l’autenticità della sua ricerca, Eileen segue un percorso spirituale che precede la sua esperienza in comunità.

Tra i principali libri:

Le porte interiori. Il mio volo verso la libertà, Dieci passi per aprirsi all’amore..

La paura della paura

La paura è innata negli esseri viventi. Serve a proteggerli da minacce esterne. Le reazioni di paura si trovano sia in forme viventi elementari come la lumaca che retrae le sue antennine se viene toccata dall’esterno sia negli esseri umani con reazioni molto più complesse che possono andare dal ritirare una mano allo scappare, ma anche al bloccarsi improvviso!!

C’è una regione deputata alle reazioni di paura e si chiama amigdala. Da qui ogni stimolo vissuto come minaccia porta il corpo a rilasciare gli ormoni dello stress ed ecco che il corpo va in allerta: aumento della frequenza cardiaca, sudorazione, aumento della frequenza respiratoria e vengono messi da parte i sistemi non utili come quello gastrointestinale. Tutto il corpo è concentrato su ciò che viene vissuto come pericolo ed il cervello cerca di elaborare la minaccia. Se la minaccia non è reale la risposta emotiva e corporea si spegne in tempi brevi, se invece lo è persiste. E’ un sistema antico che ha permesso la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi! La paura quindi ha una valenza positiva perché insieme ad altre emozioni/reazioni del nostro organismo a stimoli esterni come il disgusto, la rabbia, la tristezza ci mette in guardia da pericoli e quindi ci protegge.

L’adrenalina prodotta dal nostro organismo quando è in allerta produce, abbiamo visto, molti cambiamenti fisici e mentali per rispondere alla minaccia, ma sebbene oggi rispetto ai nostri antenati non dobbiamo affrontare leoni, ma problemi quotidiani, la perdita o il cambiamento del posto di lavoro le reazioni rimangono le stesse. Ma sebbene sia un fatto utile ed adattivo può divenire un enorme problema quando la paura stessa diventa un problema e viene vissuta/subita in modo sproporzionato allo stimolo o quando quest’ultimo viene male interpretato.

Abbiamo due reazioni principali alla reazione di paura: attacco e fuga. Con il primo affrontiamo la minaccia e con la seconda la evitiamo. Viene poi definita “freezing”  la reazione in cui si rimane letteralmente congelati mentre si definisce la strategia che sembra più corretta da applicare  fino alla simulazione stessa della morte, detta “faint”. Accompagnata da brusca riduzione del tono muscolare e disconnessione tra centri superiori ed inferiori la faint è una simulazione di morte comune in molti esseri viventi! Quest’ultima è una reazione estrema che si attiva in caso di eventi molto traumatici o vissuti come tali. Nella paura eccessiva tutte le sensazioni corporee descritte in precedenza sono aumentate fino a diventare fastidiose e comprendono anche debolezza alle gambe, sensazione di malessere diffuso, dolori al petto , nausea, respiro affannato.

In alcuni casi gli stimoli e la reazione di paura sono molto frequenti ed in questo caso non riusciamo a “spegnere” le nostre reazioni e viviamo in una continua sensazione di allerta. Da una funzione di allerta si passa allora ad una reazione cronica che diventa stressante essa stessa.

La modalità in cui rispondiamo agli stimoli pericolosi porta ad un cambiamento nel nostro modo di pensare pichè diventa adattivo nel rispondere ad una certa minaccia aumentando le nostre capacitò di problem-solving ovvero siamo più concentrati sul problema e cerchiamo soluzioni utili anche se ci sentiamo in tensione. Sotto la spinta della paura riusciamo ad essere capaci a fare cose incredibili come grandi salti per evitare uno strapiombo, movimenti improvvisi o che richiedono grandi sforzi. Insomma in caso di bisogno riusciamo a dare il meglio di noi!

Quando però la reazione alla paura diventa esagerata si inizia a pensare che il problema non abbia soluzione  e si immettono pensieri negativi che non coinvolgono più ciò che ha indotto la paura, ma anche verso se stessi. I pensieri negativi che riguardano la reazione alla minaccia (la paura) portano frequentemente ad un circolo vizioso. Il dolore o il respiro affannato o la frequenza cardiaca alterata da reazione vengono interpretati come problema: “cosa mi sta succedendo, ho qualcosa che non va….” Ciò allontana la soluzione del problema , ovvero far fronte alla minaccia ed anzi ne crea un altro sul piano fisico!

Questi stati di ansia non fanno altro che creare ulteriori problemi. Molte persone nel gestire l’ansia fumano a dismisura, mangiano in maniera esagerata e ciò porta inesorabilmente a non sentirsi bene, a sentirsi appesantiti o sempre stanchi e quindi incapaci a gestire in modo utile lo stress!

La risposta più comune allo stress è in genere l‘evitamento. In una fase iniziale dona sollievo, ma nel tempo si instaura una sfiducia personale ed una incapacità a fronteggiare i problemi. Il problema molte volte non è reale, ma esiste nei nostri pensieri eppure l’effetto prodotto sul nostro organismo è lo stesso. Infatti la nostra mente non fa distinzioni tra reale e pensieri e la risposta sarà la stessa. Quando lo stimolo si esaurisce in generale molte sensazioni spariscono cosa che non accade invece quando entriamo in queste circolo vizioso che fa accrescere l’ansia e la paura e sono i pensieri stessi a generarle!

Cerchiamo però di cogliere le differenze tra ansia e paura: nel primo caso c’è un percolo in un piano di realtà: una macchina ci sta per investire ad esempio. Nel secondo caso abbiamo paura di qualcosa che dobbiamo affrontare e di cui non siamo certi dell’esito: ad esempio un esame medico o quello per la patente!  In questo caso sono solo pensieri! Scateniamo l’ansia quando anticipiamo il futuro in modo catastrofico! Più siamo incerti sull’esito più cresce l’ansia ed i pensieri che la alimentano! Si può arrivare alla sensazione di impazzire o perdere il controllo. Un’esperienza davvero tremenda, ma che non esiste sul piano di realtà, ma solo nella mente, ma abbiamo detto che la mente non distingue tra realtà e pensieri e quindi immette ormoni e riparte il circolo di sintomi sul corpo! Ed ecco all’orizzonte le ansie future che già si stanno facendo strada su quelle che si stanno vivendo al momento.

Da qui ad arrivare ai disturbi d’ansia il passo è svelto con mancata abitudine agli stimoli (vengono vissuti sempre in modo esasperato!) ed ipervigilanza (in attesa che possa accadere qualcosa!) o in iperallarme (con la sensazione che qualcosa stia per accadere!)

Esistono poi paure davvero sproporzionate allo stimolo : le fobie. La fobia è una paura specifica per una cosa che perdura nel tempo. Chi soffre di una certa fobia è veramente terrorizzato alla sola idea del contatto con l’oggetto della sua fobia. Anche in questo caso abbiamo sintomi clinici riconoscibili. Dai disturbi gastrici, al senso di soffocamento alla tachicardia. Le persone fobiche vivono in un perenne processo di evitamento della fobia che diventa stressante esso stesso. Il meccanismo di evitamento diventa una trappola da cui diventa sempre più difficile uscire e che può diventare molto invalidante. Ho conosciuto persone che sono arrivate a non guidare più la macchina o non andare più al supermercato prima di chiedere un aiuto. In genere se si riesce a riconoscere uno stato di ansia generalizzata prima di degenerare sarebbe meglio confrontarsi con un esperto poiché quando alcuni comportamenti si instaurano diventa molto difficoltoso sradicarli.

Vediamo alcuni tipi di fobia: ricordo che mentre la sintomatologia è piuttosto simile , le cause possono essere molto diverse da persona a persona per questo non basta leggere su internet.

Agorafobia è paura di spazi aperti, Fobia sociale: paura di esporsi in pubblico. Claustrofobia: paura di luoghi chiusi. Esistono molte paure riguardanti gli animali (cani, insetti, piccioni….), gli elementi naturali (tuoni, temporali, buio…), ma anche delle malattie o del sangue nonché parti del corpo. Nella dismorfofobia si arriva a pensare a proprie parti del corpo come inguardabili poiché percepite sproporzionate o diverse dal suo ideale. In tutti questi casi c’è stato un errato apprendimento nel corso della vita in cui si associa un pensiero ed un oggetto in una esposizione che ha generato paura. L’evitamento (per evitare l’emozione forte provata e non per il fatto in sé!) non fa altro che rinforzare quel rapporto ed anche le sensazioni fisiche ed emotive.

Mangiare in modo consapevole con le “mini meditazioni”

Diamo talmente scontato l’atto del mangiare che spesso non siamo neanche troppo consapevoli del dove siamo. Magari sappiamo dove siamo fisicamente, ma spesso la testa è altrove. Essere presenti al momento presente durante i pasti è importante per il corpo fisico come per la mente ed è un fatto importante di cui imparare ad essere più presenti.

La Mindful Eating propone quattro fondamenta del mangiare consapevole su cui vale la pena soffermarsi: la mindfulness della mente, del corpo, delle emozioni e dei pensieri.

Inizia con il farti le domande giuste e sarebbe utile trascrivere le risposte in un piccolo diario in modo da valutare i propri cambiamenti nel tempo. Riguardo la Mindfulness della mente pensa al tuo livello di consapevolezza nel momento presente e prendi nota del gusto, la consistenza, il profumo ed anche al suono che produce il cibo mentre mangi!

Quanto sei consapevole del tuo pasto? Che sia un pranzo o uno spuntino è importante rimanere ancorati al momento presente e capire come si mastica, se la testa è altrove e se si sta facendo qualcos’altro: frequentemente accade di mangiare davanti al pc, in macchina o davanti alla tv, argomento trattato la scorsa volta!

Sei attento ad ogni boccone? Ne assapori il gusto? O lo stai ingoiando e basta senza neanche masticarlo il tempo necessario affinchè diventi il classico “bolo” da far pervenire allo stomaco? Oppure tieni il cibo in bocca troppo tempo e lo mastichi in modo svogliato?

Con la Mindfulness del corpo l’attenzione passa alla testa al corpo.  Ascoltati. Mettiti in un atteggiamento di ascolto per scorgere i segnali che il tuo corpo ti manda. Non dare nessun segno per scontato. Fai attenzione ai segnali di sazietà e pienezza o li ignori? Se hai fame ascolta se ti senti debole, se lo stomaco brontola,  o se ti senti pieno e senti lo stomaco teso, la pancia gonfia. Cerca di comprendere i segnali che il tuo corpo ti invia per farti capire che ha fame o se è pieno. Chiediti se hai fame davvero, una fame del corpo, e se sei soddisfatto di quello che hai mangiato. Come si sente il tuo corpo adesso e prima di mangiare? Era veramente quello che volevi mangiare?

Molte volte non sei soddisfatto di quello che hai mangiato oppure sembra non bastarti anche se ti senti pieno; che cosa sta accadendo? Chieditelo con la Mindful delle emozioni.

Impara a riconoscere le emozioni che attraversano il tuo corpo prima, durante e dopo mangiato. Cosa ti porta ad iniziare a mangiare? Cosa a finirlo o interromperlo? Ansia, tenzioni, stress, fretta, bisogno di attenzione, di riconoscimento, la noia possono essere solo alcuni degli stimoli per iniziare o smettere di mangiare influenzando la scelta dei cibi e la quantità e spesso questo non va di pari passo con la fame del corpo!

Impara a chiederti: Sono annoiato? Eccitato, Felice? Imparare a riconoscere e gestire le emozioni nel modo corretto è importante quanto le scelte che si fanno a tavola.  

Infine affronta la Mindfulness dei pensieri. Anche in questo caso la prima fase è l’osservazione. Quanto sei abituato ad essere consapevole dei tuoi pensieri e quanto ne sei invece succube? Vieni invaso da pensieri riguardo al cibo del genere dovrei o non dovrei?  Pensi questo è un cibo cattivo per te? Oppure ti poni regole che poi infrangi? Cerca di comprendere fino a che punto i pensieri condizionano le tue scelte alimentari e se ti poni verso te stesso in maniera giudicante.

Se sei riuscito a soffermarti su ogni punto e lo farai nei pasti e nei giorni a venire potrai piano piano modificare il tuo atteggiamento verso il cibo affinchè possa prendere il valore corretto nella tua vita. Cosa significa?  Che sia giusto per gli aspetti nutrizionali e non un surrogato di altre mancanze. Abbi cura nel prepararti il cibo e dedicagli il tempo necessario, che per un pasto non deve mai essere inferiore  ai 20 minuti, siediti e gusta quel cibo. Fermati il boccone prima affinche tu possa essere soddisfatto senza necessariamente aver raggiunto il culmine!

Ferma il multitasting mentre mangi

Investiamo moltissimo economicamente per il cibo e/o per dimagrire eppure consideriamo il mangiare un atto “marginale” della nostra giornata. Spesso mentre mangiamo facciamo altro. Mangiamo mentre guidiamo, mentre siamo al pc o davanti alla televisione. Molti studi confermano che se si è distratti durante il pasto si mangia circa il 15% in più. (Bellisle e Dalix,2001)

Essere distratti mentre si mangia è molto frequente e ci dà l’impressione che non è un compito molto importante. Mangiare in modo consapevole ci permetterebbe di rallentare e ristabilire una connessione tra cervello e stomaco! E’ importante il tempo che si dedica al pasto, ma anche la giusta attenzione, senza distrazioni, per poter allenare il nostro buongustaio interiore!

Complice una serie Tv  con una alta frequenza ci si trova sprofondati in una sorta di trance a mangiare in modo automatico uno snack o un intero pasto! Chiaramente non è solo colpa della TV questa è solo una delle nostre azioni disturbanti la nostra alimentazione consapevole. Eppure molti studi si concentrano proprio su questo aspetto perché multifattoriale.  Gore ed altri autori in uno studio del 2002 segnalano una correlazione significativa tra quanto si guarda la TV e quanto si mangia. Queste le principali ragioni evidenziate:

  • Il tempo che si dedica alla TV ne toglie ad attività più attive e costruttive come camminare, lavorare, occuparsi delle faccende domestiche…
  • È un’attività sedentaria che rallenta il metabolismo e quindi l’uso delle calorie (il sonno ed il riposo danno maggiore beneficio al corpo rispetto alla TV e hanno un minore abbassamento del metabolismo!)
  • Durante i programmi Tv vengono proposti dalle pubblicità alimenti non salutari (spesso cibo spazzatura) che stimolano l’appetito anche se non hai fame.
  • Spesso si mangia inconsapevolmente fino alla fine del programma andando ben oltre i segnali di sazietà o pienezza.
  • La Tv per alcuni è una “compagnia” , ma non sostituisce una conversazione con amici o in famiglia in cui la mente è ancorata al momento del pasto.

Dovremmo imparare a fare più attenzione ai nostri comportamenti alimentari e dare più valore al momento dei nostri pasti. Mangiare riempie lo stomaco, nutre il nostro corpo, ma anche la nostra anima e dobbiamo esserne consapevoli cercando di selezionare la qualità, la quantità ed il momento in cui ci nutriamo. Sicuramente abbiamo il potere di spegnere la TV.