Puoi cambiare la tua vita…oppure no!

Sai cosa succede davvero quando rimandi una decisione importante?

Nulla.

La vita continua esattamente come prima.

Sicuramente hai un sogno nel cassetto. Da vorrei imparare l’inglese a vorrei perdere peso o vorrei iscrivermi in palestra, vorrei migliorare la mia situazione lavorativa, finanziaria, sentimentale…vorrei vorrei vorrei.

Tanti vorrei che invece di essere stimolanti diventano una zavorra. Vorrei che bloccano. Spengono i desideri e l’azione. Ma in fondo solo tu puoi decidere se una o tutte quelle cose che “vorresti” fanno per te e meritano la tua attenzione..

Tranquillo, va bene. Non accadrà niente di clamoroso se decidi di non provare neanche.

Le tue giornate scorreranno come sempre.

● Gli stessi blocchi emotivi che ti frenano
● Le stesse situazioni che ti prosciugano le energie
● Le stesse relazioni tossiche che ti tirano giù
● Gli stessi obiettivi rimandati a “quando sarà il momento giusto”
● La stessa sensazione di vivere al 30% del tuo potenziale

Forse continuerai ad arrivare a sera con quella stessa inquietudine di sempre.

Con gli occhi stanchi fissati nel vuoto, chiedendoti dove siano volate le ore.

Con il pensiero di tutte le cose che avresti potuto fare… e che, ancora una volta, non hai fatto.

Dentro di te resteranno quelle domande che non dici a nessuno:
“È davvero questa la mia vita?”
“E se fossi destinato a qualcosa di più grande?”
“Perché sento di sprecare tempo che non tornerà più?”

Il sospetto, difficile da ammettere ad alta voce, che stai vivendo molto al di sotto di ciò che potresti essere.

E intanto, vedrai gli altri crescere, evolversi, realizzarsi.

Mentre tu resti fermo in quella zona grigia, dove “si tira avanti”.
Tuttavia — se questa vita ti basta, niente da dire.

Non hai bisogno di fare nulla.

Ma se dentro di te senti che – tutto sommato – qualcosa da migliorare ancora c’è…

Se hai letto fino a qui proprio queste riflessioni* possono essere quel punto di svolta che aspetti da sempre.

La scelta è semplice:
❌ Puoi rimandare ancora.
✅ Oppure decidere che è ora di prendere in mano la tua vita

In bocca al lupo qualsiasi sia la tua scelta. Se vuoi condividere le tue difficoltà ti invito a contattarmi.

*ispirato ad una mail di Roberto Re mio formatore

Definire il problema

Quando ci troviamo di fronte ad un problema, che sia di grandi o piccole dimensioni, in base al suo impatto nella nostra vita, siamo colti da smania di andare oltre il problema.

Cerchiamo soluzioni veloci, poco importa se magari non sono efficaci:  la cosa importante è sbarazzarci di ciò che ci fa male, limita o danneggia nel più breve tempo possibile per poi passare alla nostra vera vita, quella che riteniamo sia fuori dal problema per intenderci.

Credo che chiunque stia leggendo queste affermazioni si senta in accordo, perché la soluzione diviene il nostro obiettivo ovvero sbarazzarci del problema. In questo vortice in genere, anche le persone diciamo più illuminate compiono un errore: ovvero non danno una valutazione accurata del problema ovvero non lo definiscono.

Questo passaggio in genere è sorvolato e dato per scontato, ma purtroppo non lo è. Definire il problema da tutte le prospettive è fondamentale. Spesso infatti i nostri preconcetti limitano la visione del problema e di conseguenza la soluzione più idonea.

Definire il problema ci obbliga a concentraci attraverso un procedimento, che ha il compito di evitare che le nostre idee e le nostre interpretazioni possano portarci fuori strada.

Noi umani abbiamo la tendenza a vedere la realtà che conferma le nostre idee e ciò che crediamo di sapere. E’ una sorta di autoinganno che porta ad una soluzione del problema su supposizioni piuttosto che sulla realtà. Rivedere e rivedere le caratteristiche del problema è il miglior modo per arrivare ad una soluzione efficace. Anche qui però c’è un ostacolo: alcune persone tendono a “girare attorno” senza mai decidere per una soluzione. Si creano continuamente gli alibi per non prendere una decisione, ma questo è un altro autoinganno.

In breve non fermatevi alla prima soluzione, definite il problema senza “paraocchi” e valutate il risultato di ogni possibile intervento.

Prima di passare all’azione contate fino a 10!

Anche il viaggio più lungo inizia con il primo passo.

“Anche il viaggio più lungo inizia con il primo passo” dice un vecchio adagio che racchiude una saggezza antica che i tempi moderni con la loro frenesia cercano di oscurare.

Quando siamo di fronte ad un problema tendiamo a volerlo risolvere tutto in una volta e chiaramente nel più breve tempo possibile. Un problema non è un cerotto e ha i suoi tempi. Molte volte, specie per un problema complesso, la cosa più saggia è iniziare da un aspetto, sbloccare e poi passare ad un altro aspetto. Spesso risolvere un problema significa effettuare un cambiamento, ma a noi umani piace troppo stare nella zona di confort per cui spesso, se per risolvere un problema è richiesto un cambiamento, tendiamo a tergiversare. Affrontare il problema in più parti significa anche abituarsi a piccoli cambiamenti e non ad uno solo magari drastico.

Tutti i “grandi” si comportano così: un pezzo alla volta!

Anche alla NASA per poter portare avanti progetti ambiziosi e costosi devono necessariamente passare per varie fasi e noi con i nostri problemi quotidiani, perché non dovremmo utilizzare le stesse strategie?

Cercate soluzioni semplici, non complicatevi la vita. A volte le soluzioni sono dietro l’angolo basta avere il coraggio di guardare e poi c’è un altro adagio (che saggezza nelle dicerie popolari!)  che nel bisogno si aguzza l’ingegno. Se vi date i giusti tempi e spezzettate il problema sarà senz’altro di più rapida soluzione.

Passando per gradi a volte non è necessario fare tutti i passaggi perché spesso slegati allentati i primi nodi il problema di risolve da sé. Certo non sempre si prende il giusto capo della matassa e a volte tocca fare più tentativi. Pensate come un giocatore di scacchi che mentre compie un’azione sta già valutando la mossa conseguente alla precedente.

Spesso vogliamo forzare i tempi per “risolvere il problema” , ma altrettanto spesso non è funzionale. Ogni cosa a suo tempo!

Le parole fanno la differenza

Molte persone non fanno caso alle parole che utilizzano. Troppo spesso l’uso di un linguaggio “poco educato” avviene già in famiglia. Non è solo colpa dei ragazzi o di un linguaggio “giovanile”. Osservo genitori parlare tra loro usando termini volgari e svalorizzanti e lo stesso fanno con i figli. Non dico di una “parolaccia” uscita in un momento di rabbia o goliardia, ma di parole utilizzate nel linguaggio quotidiano. Per alcune persone parole come grazie, prego, scusa non sono nel dizionario. Peccato. La qualità della nostra vita e le nostre relazioni dipendono moltissimo dal linguaggio che utilizziamo. Ho trattato tante volte questo argomento, ma oggi vorrei utilizzare una storiella trovata sul web. Leggetela e fatemi sapere cosa avete provato leggendola. Attendo i vostri commenti anche sui social!

#”Oggi ho portato due mele in classe.Entrambe belle, lucide, rosse. A occhio nudo, identiche. Ma solo io sapevo la verità: una delle due era caduta più volte prima della lezione. L’avevo raccolta con cura, senza romperla all’esterno. Sembrava perfetta… ma solo all’apparenza.

Ho chiesto ai bambini di osservarle. “Sembrano uguali”, “Devono essere buonissime”, “Mi viene voglia di mangiarle”, dicevano.

Poi ho fatto qualcosa di insolito. Ho preso la mela che avevo fatto cadere e ho cominciato a parlarle male. Le ho detto che era brutta, che non mi piaceva, che aveva un colore spento e un picciolo ridicolo. E ho chiesto ai bambini di fare lo stesso. All’inizio erano confusi. Uno ha sussurrato: “Ma… è solo una mela.”

Ma poi hanno seguito l’esempio: “Fai schifo”, “Nessuno ti vuole”, “Sembri marcia”, “Non servi a nulla”. Poi abbiamo preso l’altra mela. Quella rimasta “amica”. E le abbiamo detto parole belle: “Sei profumata”, “Hai un colore bellissimo”, “Scommetto che sei dolcissima.” Infine, ho tagliato le due mele davanti a loro.

Quella trattata con gentilezza era fresca, chiara, croccante. Quella che avevamo insultato… era molle, scura, piena di lividi dentro. Nella classe calò il silenzio. Nessuno parlava. Nessuno sorrideva. Avevano capito. Le parole che avevamo detto “per finta” a una mela, sono le stesse che ogni giorno qualcuno riceve davvero.

Parole che non si vedono, ma che lasciano segni. Non sulla pelle. Dentro. Ho raccontato ai bambini che anche io, solo pochi giorni fa, ho ricevuto parole che mi hanno ferita. Sorridevo. Sembravo serena. Ma dentro mi sentivo proprio come quella mela: ammaccata in silenzio. Le parole possono colpire più di uno schiaffo. E a volte fanno più male.

Per questo dobbiamo insegnare — ai bambini e a noi stessi — che ogni parola ha un peso. Che si può ferire anche con una frase detta per gioco. E che la gentilezza non è debolezza: è forza. È scelta. È amore.

E sapete cosa mi ha colpito più di tutto?Mentre gli altri insultavano la mela, una bambina si è rifiutata. Ha detto: “Io non voglio dire cose cattive. Anche se è solo una mela.” Quel gesto, così piccolo… vale più di mille lezioni. Le parole possono costruire o distruggere. Sollevare o spezzare. Restare dentro per anni.

La lingua non ha ossa, ma può spezzare un cuore. Usiamola con cura. Per amare, non per ferire. Per includere, non per escludere. Per guarire, non per lasciare cicatrici. Perché dietro ogni sorriso potrebbe nascondersi una mela ammaccata. E le nostre parole… possono fare la differenza.”

#dal web crediti all’autore che purtroppo non conosco!

I segreti del Non Detto

Probabilmente non vi siete mai soffermati su un fatto molto particolare che avviene tra persone: in buona parte, la nostra comunicazione è non verbale. Non è mia intenzione fare un trattato di comunicazione non verbale, ma sicuramente il mio intento è quello di farvi fermare a riflettere. Già la maggior parte delle persone non ascolta cosa ha da dire l’altro, perché o lo interrompe o sta già pensando ad una risposta e quindi presta poca attenzione a quello che l’altro dice. In più spesso non è che ci manchino le parole, ma non riescono a catturare ciò che abbiamo in comune con chi abbiamo di fronte a noi. Spesso non condividiamo genere, etnia, livello di istruzione, classe economica o opportunità, e quindi non abbiamo le stesse parole per descrivere le rispettive vite.

Le parole entrano nell’interazione non verbale, ma non sono al centro. Le parole, inoltre, possono comunicare supposizioni, giudizi e opinioni, lo sappiamo tutti, e gli equivoci sono all’ordine del giorno. È meglio non alzare barriere, a volte è meglio cercare un contatto attraverso gesti sfumati.

Possiamo provare a relazionarci con le persone ascoltando senza parlare, osservando la postura, l’espressione del volto e il tono di voce.

Si tratta di un fenomeno ben noto, documentato in letteratura da psicologi come Albert Mehrabian, che nel suo libro “Nonverbal Communication” ha scritto dell’importanza del tono di voce e dell’espressione facciale, fondamentali nell’interazione sociale. Secondo Mehrabian, «il 55% della comunicazione è linguaggio del corpo, il 38% è il tono di voce e il 7% sono le parole effettivamente pronunciate».

Be’, forse, e non tutte le volte, dipende dall’interlocutore e dalla situazione, ma è difficile non essere d’accordo con il concetto di fondo, ossia che tra le persone passa tantissimo non detto.

Riflessioni liberamente tratte da:  Scott Haas / l’Arte giapponese per vivere felice Newton Compton editori


Oltre l’Immagine… Corporea

L’immagine corporea è la rappresentazione mentale che una persona ha del proprio corpo, comprendendo percezioni, emozioni e atteggiamenti nei suoi confronti. È influenzata da esperienze personali, fattori culturali, aspettative sociali e confronti con gli altri.

Foto personale da foto dalla mostra Frida Kahlo: trough the lens of Nickolas Muray in corso a Roma presso il Museo storico della Fanteria fino al 20 luglio 2025

L’immagine corporea non è solo una valutazione estetica, ma un concetto multidimensionale che include. La Percezione corporea: come vediamo il nostro corpo (accuratamente o distorto). La Soddisfazione corporea: quanto siamo contenti del nostro aspetto. Pensieri e credenze: idee e giudizi sulla nostra fisicità. Comportamenti: azioni influenzate dalla percezione del corpo (es. dieta, esercizio fisico, evitamento sociale).

L’immagine corporea ha un forte impatto sulla salute mentale e sul benessere psicologico. Una percezione negativa può portare a: Bassa autostima: la persona si sente inadeguata e insicura. Ansia e depressione: preoccupazioni costanti sull’aspetto possono aggravare disturbi psicologici. Disturbi alimentari: come anoressia, bulimia o binge eating. Evitamento sociale: paura del giudizio altrui porta all’isolamento.

Una immagine corporea positiva, invece, favorisce una maggiore autostima e accettazione di sé. Migliora il  benessere emotivo e relazionale. Permette una relazione più sana con il cibo e l’esercizio fisico.

L’immagine corporea è influenzata e rinforzata dalla società, dai media e dalle relazioni interpersonali. Alcuni aspetti chiave: Influenza dei media: gli ideali irrealistici di bellezza diffusi da pubblicità, social media e film creano pressioni sociali. Ruolo della famiglia e degli amici: commenti e aspettative influenzano la percezione del proprio corpo. Confronto sociale: paragonarsi agli altri può alimentare insoddisfazione e senso di inadeguatezza. Discriminazione e body shaming: persone che non rientrano nei canoni estetici dominanti possono subire esclusione o critiche.

Promuovere una cultura dell’accettazione e della diversità corporea aiuta a ridurre l’impatto negativo di questi fattori, migliorando la qualità della vita individuale e collettiva.

Come possiamo promuovere un’Immagine corporea positiva? Sicuramente incoraggiando ad osservare il proprio corpo con consapevolezza ed accettazione.  Dando il giusto valore ai media ed ai social con un po’ analisi in più i messaggi irrealistici. Mettendo il focus sulla propria salute e non sull’estetica. Facendo qualche esercizio sull’autostima se si ritiene di averne bisogno, utilizzando un diario ed infine facendo l’esercizio dello specchio in cui dovete riconoscere tre caratteristiche positive del vostro corpo!

La bellezza dell’ESSERE

Breve Abstract del mio intervento a “Bellezza autentica riscoprire il corpo con fiducia ed orgoglio” a cura di Young Fidapa BPW Italy Sezione Roma nel giorno della Festa della Donna presso Real Sporting Village.

Intervistata da Sarah Nappini

Intervistata da Sarah Nappini

SN Viviamo in un contesto sociale nel quale possiamo affermare come il prototipo di bellezza sia sempre più standardizzato e omologato. Dietro tutto questo quali ritieni siano le maggiori paure e fragilità che ne fanno da specchio e quali sono le soluzioni per poter valorizzare se stesse a fronte di tale standardizzazione?

ES Una domanda complessa ci si potrebbe scrivere un trattato! Penso che mi toccherà dividerla in tre parti

Allora analizziamo il Concetto di standard di bellezza poiché non c’è un unico prototipo e non esiste una definizione univoca di bellezza. Ogni cultura ha i suoi canoni e gli standard cambiano continuamente. Nelle varie epoche storiche abbiamo assistito a numerose variazioni come ci hanno tramandato le varie opere d’arte. Dalle raffigurazioni degli antichi Egizi, fino ai vasi decorati di Pompei la donna e il concetto di bellezza hanno subito varie declinazioni. Se consideriamo un epoca più vicina a noi come quella degli anni “50 ovvero quella delle nostre nonne e delle nostre mamme il concetto di bellezza femminile è evidentemente molto diversa da quella di oggi. I canoni di bellezza non cambiano solo nella storia, ma anche attraverso i gruppi di appartenenza Vi faccio un esempio pratico dalla mia esperienza. Vi faccio un esempio pratico dal mio vissuto. Quando andavo a prendere mia figlia a scuola osservavo le ragazzine all’uscita tutte uguali quasi fatte con uno stampo: jeans, magliettina, unghie rifatte, capelli piastrati. Ci sta è importante per un adolescente essere parte di un gruppo e quindi aderire alla sua “divisa”. I ragazzi si trovano in quel momento dello sviluppo in cui iniziano a fare esperienza a capire chi sono e cosa vogliono, ma nel passaggio sono rassicurati dal gruppo in cui si identificano. Sempre in tema scuola ricordo che, qualche anno prima, mia figlia avrà fatto le elementari o le medie, e andavo a prenderla c’era il gruppo delle Mamme IN: borsa Gucci o Burberry, occhiali da sole, capelli con colpi di sole.  

Perché questo accostamento? Ragazze in fase di sviluppo e mamme? perché hanno in comune una cosa importante il bisogno di appartenenza.

Abbiamo visto come per i giovani, specie alle soglie dell’adolescenza, essere accettati dal gruppo è importante. Non si sa chi si è, la personalità ed i gusti sono in divenire, così come il corpo anche la mente sta crescendo e cerca confronti e punti di riferimento. Essere parte del gruppo è importante. Piano piano ognuno con le proprie esperienze troverà il suo spazio nel mondo e comprenderà quali sono i suoi canoni di riferimento.

la locandina dell’evento

Due gruppi due standard di bellezza molto diversi. Allora le mamme tutte uguali? Anche loro sono in cerca di identità in realtà. Professioniste o “figlie” di cercano di mantenere il loro status anche con una certa “divisa” che le distingue dalle altre madri “sfigate” questo penso voi lo vediate anche al lavoro.  Propongono un modello di bellezza? Anche le mamme hanno bisogno di appartenere a qualcosa?

Ciò mi porta all’altro pezzo della domanda quali fragilità?

Mentre per i giovani esistono delle fragilità naturali cosa accade alle mamme? Anche le mamme che sono donne devono, per essere al passo con i tempi, essere rispettate ed ammirate e sempre in tiro, malgrado lavoro, casa e famiglia e ciò avviene con grande fatica non solo fisica, ma anche psicologica. Perché ci si senta parte del gruppo si cerca di non uscire dai canoni prestabiliti e ci si adatta ed in qualche modo negano a se stesse la propria individualità perché altrimenti si è fuori.

Per terminare di rispondere alla domanda ovvero quali sono le soluzioni direisicuramente NON imitare gli altri! La propria avvenenza non si sviluppa attraverso una divisa, ma attraverso la propria individualità. E’ molto importante imparare a conoscersi e comprendere come esprimere la propria unicità. Non è questione solo di abito, ma di come si vive se stessi, gli altri ed il mondo. Tutto si riduce alla fiducia in se stessi. Se non la avete non sarete notate.

Vi faccio due esempi di donne assolutamente non belle, ma talmente sicure di sé e con personalità particolari che oggi sono considerate icone: Frida Kahlo e Iris Apfel. Due storie molto diverse. Una pittrice che ha fatto della sua vita un vero capolavoro anche se non sempre felice. Anche per l’epoca le ciglia folte ed i baffetti non erano certo nei canoni di bellezza, eppure quella piccola e fortissima donna si è imposta nel mercato dell’arte dell’epoca esponendo la sua sofferenza in contrasto con il suo abbigliamento colorato  ed originale, Una donna testarda che ha amato molto a cominciare da se stessa.

Considerato il merchandising che ne è venuto fuori come non possiamo considerarla una bellezza?

Ognuno di noi ha un oggetto: una borsa, una trousse, degli orecchini, una candela che la rappresentano. Perché le compriamo? Perché acquistando un oggetto che raffigura Frida ognuno di noi ha l’impressione di acquistare la sua forza, il suo coraggio e l’originalità!

Con l’amica Antonietta Di Vizia Giornalista RAI

Parlando di originalità come non parlare di Iris Apfel scomparsa lo scorso anno a 102 anni? Un vero vulcano. Una vita avventurosa, ha viaggiato per vari paesi con entusiasmo e creatività tornando arricchita interiormente da ogni paese. Su di lei ho appena terminato una biografia dove sono inserite anche delle sue foto. Vi assicuro che non è mai stata una bellezza. Denti distanti, un brutto naso eppure ha fatto campagne pubblicitarie, è stata testimonial ultranovantenne di case di moda ed accessori. Stravagante? Eccentrica? Probabilmente, ma una vera icona! Cosa unisce i due esempi? La continua ricerca di se stessi, la fiducia, la conoscenza, il sapere ed è questo che di conseguenza diventa la scelta dell’abito. In questi casi l’abito corrisponde alla personalità e lì incontriamo la bellezza. Se non racconta nulla di chi siamo la bellezza non serve. La bellezza è negli occhi di chi guarda, ma soprattutto nella nostra testa.(le ultime frasi sono tratte dalla biografia di Iris!)

SN Cosa significa per te imparare ad andare oltre le apparenze?

ES Essere se stessi, essere persone autentiche. E’ un percorso difficile e che non si insegna. Si può apprendere dalla osservazione della nostra famiglia e dal suo esempio, ma non sempre è fattibile.

Per aiutarvi nel vostro vi propongo un gioco:

Prendete un foglio e state tranquilli in un posto piacevole e poi provate a scrivere i nomi di almeno 5 persone reali o immaginarie (possono essere anche protagonisti di un film o di una serie tv) o persone che non conoscete personalmente e cercate di comprendere cosa vi piace di ogni personaggio.

Alcune caratteristiche risuoneranno in voi e quindi molte di quelle caratteristiche le possedete già, ma ce ne saranno altre che invece vi piacciono e vorreste avere. Ok impegnatevi in quelle. In quelle parti belle in cui vorreste risplendere. Andare oltre le apparenze non sta nel fare (tutti siamo capaci ad andare dal parrucchiere, dall’estetista o comprare begli abiti, cambia solo la disponibilità economica) il difficile sta nell’ESSERE che rappresenta invece la nostra reale bellezza è su quella che bisogna lavorare.

Con tutte le protagoniste al termine dell’evento per le foto di rito

Genitori e nuove generazioni: tutto già scritto?

In questi giorni ho ripreso in mano un vecchio libro di Paolo Crepet del 2005 dal titolo “I figli non crescono più” edito da Einaudi.

Quasi una profezia: a venti anni dalla pubblicazione la visione dell’autore sulle nuove generazioni è confermata. Come possiamo rimediare? Per aiutare i giovani ci vogliono coraggio e determinazione e naturalmente il buon esempio.

Sottolineo dei passaggi che sono davvero importanti perché nel mio lavoro quotidiano li riscontro in continuazione ed in continuazione cerco di fare arrivare a genitori e figli certi messaggi, ma non è sempre facile farne comprendere l’importanza.  Vediamo insieme alcuni ed attendo i vostri commenti sul sito o sui social.

Incomunicabilità: Ciao come va? Tutto ok? Fine. Ognuno a casa propria, ognuno in camera propria, come alieni. Linguaggio trito. Se uno volesse rispondere “No non va bene per niente” metterebbe in crisi l’altro che non sa cosa rispondere. Incredibile a pensarci bene: con gli strumenti di comunicazione di massa di oggi nessuno può urlare sto male. Milioni di persone si sfiorano ogni giorno senza guardarsi in faccia. C’è una enorme incapacità a comunicare emotivamente tra generazioni. Se non si comunica non c’è crescita complessa, ma solo superficiale.

Figli intralcio all’affermazione personale: I genitori oggi tendono a rendere precocemente indipendenti i figli che spesso sono vissuti come intralcio al lavoro o alle loro passioni. Spesso le attenzioni verso i figli allontanano l’altro genitore per gelosia procurando una sorta di ferita narcisistica. La delega genitoriale attraverso nonni, scuola o baby sitter è sempre più precoce e spesso si finisce per anticiparne la crescita. Il tutto però avviene in una carenza affettiva e così da adolescenti cercheranno di colmare quel vuoto emotivo che il bambino tenderà a riempire nell’adolescenza e nella prima giovinezza con una ricerca spasmodica d’affetto, quasi una bulimia emotiva.

Figli per chi? Spesso i figli sono mostrati agli amici come piccoli mostri di meraviglie al pari di una Ferrari o di un trofeo prestigioso dimenticandosi che sono piccole perle che hanno bisogno dei loro tempi per crescere.

Autorevole o autoritario: Il grande dilemma del genitore che qualche decennio fa combatteva contro l’autoritarismo dei propri genitori ed ora si trova a non comprendere che l’autoritarismo va sostituito con l’autorevolezza e non con noncuranza o libertà. I peggio sono i genitori che vogliono fare gli amici dei figli. Le regole sono fondamentali per qualsiasi progetto educativo. La differenza tra un amico ed un genitore è che se il primo dice no è un’opinione se lo dice un genitore è una regola. Molti adulti preferiscono la figura (ibrida e ipocrita) del genitore amico per evitare di assumersi la responsabilità delle regole. Perché ci sia autorevolezza le regole devono valere per tutti e sono i genitori per primi a rispettarle e farle rispettare non solo quando fa comodo.

Coerenza: per essere autorevoli bisogna essere coerenti. Non si insegna ad un figlio a non fumare se si fuma spesso davanti a loro. Un’educazione senza regole non ha alcuna possibilità di funzionare. Un genitore è come un faro nella tempesta: è utile se tutti sanno dov’è senza incertezze e senza interpretazioni. Un adulto deve fare una cosa molto semplice ed elementare: dare l’esempio. Se un genitore vuole educare un figlio al rispetto del prossimo deve per primo rispettarlo.

Educare: processo per fasi in cui chi educa deve essere a sua volta stato educato poiché “Un padre che non abbia avuto un padre è un uomo instabile, un maestro che non abbia avuto un maestro è pericoloso”. Educare è un esempio silenzioso di mille piccoli e apparentemente insignificanti gesti della quotidianità. Compone un lessico familiare che ognuno riconosce come distintivo della propria identità. Educare significa “trovare tempo” e condividere momenti di qualità. Non si acquista la felicità dei figli con la carta di credito o portandoli nei centri commerciali.

Educare con l‘esempio: per educare attraverso l’esempio è necessario essere coerenti. E’ necessario essere autentici vivendo tenendo conto della propria interiorità. Spesso i genitori occultano le loro vere emozioni per “proteggere i figli”, ma spesso l’adulto non risulta credibile o rassicurante poiché i giovani percepiscono l’incoerenza tra ciò che viene detto e ciò che stanno vivendo e si sentono traditi. Se ti senti tradito, ti senti preso in giro e non rispettato e a loro volta non rispetteranno o mentiranno. Esprimere le emozioni con i figli è educativo e si insegna che non c’è nulla di male ad esprimere le emozioni anche quelle negative. Non è scritto da nessuna parte che bisogna sempre essere felici. Nella vita vera non è così.

Insegnare le cose difficili: Lo diceva Gianni Rodari in una sua poesia e trovo che sia assolutamente importante. Aiutare un bambino a fare cose che non sa fare non significa sostituirsi, non significa fare al posto loro o peggio deriderli se non sono capaci. Insegnare le cose difficili significa principalmente avere il coraggio di credere in loro e nelle loro potenzialità. Significa anche metterli nelle condizioni di sbagliare e riprovarci. Certo significa tempo e pazienza, ma è l’unico modo per crescere un figlio capace e sicuro di sé.

Imparare ad andare oltre le Apparenze

Giudicare l’articolo basandoci solo sul titolo, leggere un paio di righe ed avere un’idea, guardare distrattamente e pretendere di sapere tutto di quella persona…credo che in molti si riconoscano in questi comportamenti. In un’epoca in cui l’immagine spesso prevale sulla sostanza, imparare a guardare oltre le apparenze è un atto di consapevolezza e crescita personale. Attraverso l’empatia, la curiosità e la volontà di approfondire, possiamo scoprire un mondo più ricco di significati e connessioni autentiche.

Il giudizio basato sulle apparenze è un meccanismo naturale del cervello umano. Per semplificare il mondo complesso in cui viviamo, la nostra mente crea schemi e categorie che ci aiutano a interpretare rapidamente le informazioni. Tuttavia, questa scorciatoia mentale può portarci a commettere errori di valutazione e a creare pregiudizi ingiustificati.

Superare il giudizio superficiale non è sempre facile, ma è un percorso che porta a una vita più consapevole e soddisfacente. Vogliamo vedere insieme come è possibile?

L’Importanza dell’Empatia e della Curiosità

Per superare il giudizio superficiale, è essenziale coltivare l’empatia e la curiosità. Chiedersi cosa ci sia dietro un determinato comportamento o aspetto esteriore ci permette di comprendere meglio le persone e le loro storie. Ogni individuo ha un vissuto unico, fatto di esperienze, emozioni e difficoltà che non sono immediatamente visibili.

Strategie per …Guardare Oltre

Ascoltare Attivamente significa prestare attenzione alle parole, al tono di voce e al linguaggio del corpo degli altri senza interrompere o formulare giudizi prematuri.

Porre Domande Aperte serve per conoscere meglio le esperienze e i pensieri altrui.

Praticare l’Autoconsapevolezza per riconoscere i propri pregiudizi e cercare di metterli in discussione.

Vivere Esperienze Diverse ovvero entrare in contatto con culture, ambienti e persone differenti dalla propria realtà abituale aiuta a sviluppare una visione più ampia e inclusiva del mondo.

Infine la cosa più importante:

Non Fermarsi alle Prime Impressioni Dare il tempo di conoscere meglio le persone prima di trarre conclusioni affrettate.

Benefici di un Approccio Profondo

Andare oltre le apparenze non solo arricchisce la nostra comprensione del mondo, ma migliora anche le nostre relazioni interpersonali. Creare connessioni autentiche basate sulla comprensione reciproca favorisce un clima di fiducia e rispetto. Inoltre, aiuta a sviluppare una mente più aperta e flessibile, capace di adattarsi meglio alle sfide della vita.

L’ansia è una fregatura

Tra tutte le emozioni l’ansia è decisamente quella più odiosa. Perché? Fa vivere nel dubbio, in timori di ogni sorta, mette a repentaglio anche le certezze acquisite.

Riduce la tua mente ad un ingranaggio arrugginito ed inaffidabile e non basta: ti porta a rimuginare e rimuginare facendoti perdere sonno e rendendo, anche le cose più felici della giornata se non un incubo, un qualcosa di insignificante.

Se pensi che sia solo un problema di testa sei sulla cattiva strada poiché il corpo prima o poi risente di questa situazione stressante. Purtroppo l’ansia mette in azione una serie di ormoni che alla lunga creano veri e propri danni in numerosi organi.

Niente sembra dare pace. In qualche momento sembra che la fuga sia la situazione più facile, ma purtroppo non lo è. Non basta cambiare luogo l’ansia è dentro e si annida in modo pericoloso facendoti perdere entusiasmo e speranza. Tanta energia viene utilizzata per una fuga che non porta da nessuna parte e fa apparire la vita sempre più vuota e scolorita.

Per evitare l’ansia inizi ad evitare situazioni, luoghi e persone finendo per trovarti da solo ed ancora più insicuro ed insoddisfatto. Tutte le cose che amavi fare sono accantonate e sembra assurda l’idea di aver avuto in passato momenti felici e spensierati. Non ti riconosci più, ma non sai come cambiare, anzi il cambiamento appare impossibile.

Evitare (leggi scappare) purtroppo è evidente che non sia la situazione ideale. Più eviti e più l’ansia cresce con la relativa insicurezza e senso di inadeguatezza. E’ una falsa cura verso se stessi. Un po’ come per lo struzzo mettere la testa sotto la sabbia. Il problema rimane, ma fai solo finta che non ci sia. Più eviti e più l’ansia ti tormenta e prende possesso di te.

Quindi se arriva l’ansia non è possibile fare nulla e si rimane coinvolti con tutto il nostro essere? La bella notizia è che non deve essere per forza così. In fondo al buio tunnel è possibile vedere la luce, perché c’è.

Bisogna comprendere che l’ansia non deve farla da padrona ed è necessario riappropriarsi della propria vita un passo alla volta sottraendole forza ed entusiasmo. Come? Sostituendo pensieri positivi a pensieri negativi e mettendoti piccoli obiettivi che ti porteranno nella giusta direzione. Scoprirai di avere molte più risorse e capacità di quelle che pensavi e che il rovescio di una medaglia è la norma non un fatto eccezionale. Volontà e fiducia possono coesistere con pigrizia e sfiducia, ma a queste ultime non devi dare spazio. Raggiungere la meta di vivere fuori dalla gabbia dell’ansia è possibile, ma inizia subito prima che prenda il sopravvento. Nel caso chiedi aiuto, non procrastinare e credi nella tua voglia di cambiare.