Pensiero: gli altri mi giudicano

Il pensiero “gli altri mi giudicano” riflette una preoccupazione comune legata all’opinione altrui. Molte persone si sentono a disagio o ansiose all’idea che gli altri possano giudicarle in vari contesti della vita, come lavoro, relazioni personali o situazioni sociali.

E’ importante notare che questa preoccupazione può avere diverse origini e manifestarsi in modi diversi nelle persone. Potrebbe derivare da esperienze passate, bassa autostima, paura del rifiuto o semplicemente dal desiderio naturale di essere accettati dagli altri.

Affrontare questo pensiero può richiedere tempo e auto-riflessione. Alcune strategie che potrebbero aiutare includono:

Autoconsapevolezza: Rifletti su come ti percepisci e su quali aspetti della tua vita o personalità pensi che gli altri possano giudicare.

Accettazione di sé: Impara ad accettare te stesso con le tue imperfezioni. Nessuno è perfetto, e il giudizio degli altri spesso riflette più su di loro che su di te.

Comunicazione aperta: Se il timore del giudizio si basa su fraintendimenti o mancanza di comunicazione, cercare di affrontare apertamente la situazione può essere utile.

Cambio di prospettiva: Cerca di capire che gli altri sono spesso preoccupati delle loro vite e preoccupazioni. Il giudizio degli altri potrebbe essere meno significativo di quanto immagini.

Confronto sociale sano: Cerca di concentrarti su relazioni positive e sostenitive. Avere amicizie e connessioni che ti sostengono può aiutarti a sentirti più sicuro di te stesso.

Lavorare sulla sicurezza personale: Sviluppare la sicurezza personale può aiutarti a sentirsi più a tuo agio con te stesso, riducendo la dipendenza dall’approvazione degli altri.

Mindfulness: La pratica della mindfulness può aiutarti a concentrarti sul presente anziché preoccuparti eccessivamente del giudizio futuro.

Se la tua preoccupazione per il giudizio degli altri influisce significativamente sulla tua vita e benessere, potrebbe essere utile cercare il supporto di amici fidati, familiari, ma un professionista della salute mentale può offrirti  un sostegno più specifico e mirato ed aiutarti a mettere in atto strategie per vivere al meglio la tua vita.

Altri articolo sul giudizio qui:

https://emanuelascanupsicologa.com/2023/02/13/essere-giudicato-e-giudicarsi-preserva-la-tua-autostima-con-un-piccolo-esercizio/

Perdere peso non è questione di forza di volontà

La perdita di peso spesso richiede cambiamenti nello stile di vita, come una dieta equilibrata e l’esercizio fisico regolare, che possono essere sfidanti da mantenere nel tempo. La forza di volontà può influenzare il processo di perdita di peso:

Resistenza alle tentazioni: La forza di volontà ti aiuta a resistere alle tentazioni alimentari, come cibi ad alto contenuto calorico o poco salutari. Imparare a dire no a queste tentazioni può aiutarti a ridurre l’assunzione di calorie e a mantenere una dieta più sana.

Mantenimento di una routine di allenamento: L’esercizio regolare è importante per bruciare calorie e migliorare la salute generale. La forza di volontà ti aiuta a rimanere fedele alla tua routine di allenamento, anche quando non hai voglia di farlo.

Gestione dello stress: Lo stress può portare a comportamenti alimentari malsani. La forza di volontà ti permette di gestire lo stress in modi più sani, evitando il ricorso a cibi confortanti o a comportamenti alimentari emotivi.

Resistenza ai cambiamenti a lungo termine: La perdita di peso sostenibile richiede spesso cambiamenti duraturi nello stile di vita. La forza di volontà è essenziale per mantenere questi cambiamenti nel tempo, evitando il ritorno alle abitudini alimentari e di vita precedenti.

Insomma basta volerlo? Con la volontà si arriva ovunque? È vero solo in parte!

Se ci affidiamo esclusivamente alla forza di volontà non faremo molta strada. Arriverà il momento in cui saremo sfiniti e tutti i buoni propositi andranno a farsi benedire con ripercussioni a livello fisico e a livello psicologico.

Se ci affidiamo alla forza di volontà l’autostima potrebbe pagarla molto cara. Ad un eccesso si reagisce con sensi di colpa e sensazione di essere inadeguati, incapaci ed inaffidabili!

Allora cosa è veramente importante? Al primo posto metterei sicuramente lo stile di vita. Se ci rendiamo conto del profondo significato di stile di vita il “sacrificio”, la “rinuncia” non avranno lo stesso impatto.

Per  raggiungere il successo nella perdita di peso a lungo termine  dobbiamo mettere in campo fattori come la pianificazione, la motivazione intrinseca, il sostegno sociale senza dimenticare la consulenza professionale. Quest’ultima che sia psicologica o nutrizionale (o entrambe!) non è una scelta secondaria. Ricordate che con il fai da te in questo campo si rischia molto! Errori dal punto di vista nutrizionale creano problemi metabolici e diete drastiche portano a disagi psicofisiologici anche gravi.

La scelta giusta non sta nel “saper resistere”, ma nella consapevolezza di intraprendere un cammino sano. Imparare a fare le scelte corrette per le proprie esigenze ed il proprio fisico, saper abbinare gli alimenti, sono alcuni dei pilastri fondamentali per intraprendere questo cammino. Un’alimentazione corretta e consapevole associata ad un minimo di attività fisica assicura un corpo in forze in grado di affrontare le sfide quotidiane al meglio. Se ti senti bene sei meno stressato, trovi soluzioni, hai una vita personale più soddisfacente.

Bisogna andare oltre al concetto della perdita di peso ed abbracciare uno stile di vita sano che abbracci tutti gli aspetti della nostra vita oltre l’alimentazione, ma partendo da essa!

Storia con morale (giugno)

In un villaggio viveva un vecchio molto povero, ma perfino i re erano gelosi di lui perché aveva un bellissimo cavallo bianco; non si era mai visto un cavallo di una simile bellezza, una forza, una maestosità… i re offrivano prezzi favolosi per quel cavallo, ma l’uomo diceva a tutti: “Questo cavallo non è un animale per me, è come una persona. E come si può vendere una persona, un amico?”. L’uomo era povero, la tentazione era forte, ma non volle mai vendere quel cavallo.

Un mattino scoprì che il cavallo non era più nella stalla. L’intero villaggio accorse e tutti dissero: “Vecchio sciocco! Lo sapevamo che un giorno o l’altro ti avrebbero rubato il cavallo. Sarebbe stato molto meglio venderlo. Potevi ottenere il prezzo che volevi. E adesso il cavallo non c’è più, che disgrazia!”.

Il vecchio disse: “Non correte troppo! Dite semplicemente che il cavallo non è più nella stalla. Il fatto è tutto qui: il resto è solo giudizio. Se sia una disgrazia o meno non lo so, perché questo è solo un frammento. Chissà cosa succederà in seguito?”. Ma la gente rideva, avevano sempre saputo che era un po’ matto.

Dopo quindici giorni, una notte, all’improvviso il cavallo ritornò. Non era stato rubato, era semplicemente fuggito, era andato nelle praterie. Ora non solo era ritornato, ma aveva portato con sé una dozzina di cavalli selvaggi.

La gente di nuovo accorse e disse: “Vecchio, avevi ragione tu! Quella non era una disgrazia. In effetti si è rivelata una fortuna”.

Il vecchio disse: “Di nuovo state correndo troppo. Dite semplicemente che il cavallo è tornato, portando con sé una dozzina di altri cavalli… chissà se è una fortuna oppure no? È solo un frammento. Fino a quando non si conosce tutta la storia, come si fa a dirlo? Voi leggete solo una parola in un’intera frase: come potete giudicare tutto il libro?”.

Questa volta la gente non poteva dire nulla, magari il vecchio aveva ragione di nuovo. Non parlavano, ma nell’intimo sapevano bene che il vecchio aveva torto: dodici bellissimi cavalli, bastava domarli e poi si potevano vendere per una bella somma.

Il vecchio aveva un unico figlio, un giovane che iniziò a domare i cavalli selvaggi. E dopo una sola settimana, cadde da cavallo e si ruppe le gambe. Di nuovo la gente accorse, dicendo: “Hai dimostrato un’altra volta di avere ragione! Non era una fortuna, ma una disgrazia. Il tuo unico figlio ha perso l’uso delle gambe, ed era l’unico sostegno della tua vecchiaia. Ora sei più povero che mai”.

Il vecchio disse: “Sempre a dare giudizi, è un’ossessione. Non correte troppo. Dite solo che mio figlio si è rotto le gambe. Chissà se è una disgrazia o una fortuna?… non lo sa nessuno. È ancora un frammento, non ne sappiamo mai di più…”.

Accadde che qualche settimana dopo il paese entrò in guerra, e tutti i giovani del villaggio furono reclutati a forza. Solo il figlio del vecchio fu lasciato a casa perché era uno storpio. La gente piangeva e si lamentava, da ogni casa tutti i giovani erano stati arruolati a forza, e tutti sapevano che la maggior parte non sarebbe mai più tornata, perché era una guerra persa in partenza, i nemici erano troppo potenti.

Di nuovo, gli abitanti del villaggio andarono dal vecchio e gli dissero: “Avevi ragione, vecchio: la tua è stata una fortuna. Forse tuo figlio rimarrà uno storpio, ma almeno è ancora con te. I nostri figli se ne sono andati, per sempre. Almeno lui è ancora vivo, a poco a poco ricomincerà a camminare, magari solo zoppicando un po’…”.

Il vecchio, di nuovo, disse: “Continuate sempre a giudicare. Dite solo che i vostri figli sono stati obbligati a partire per la guerra, e mio figlio no. Chi lo sa… se è una fortuna o una disgrazia. Nessuno lo può sapere veramente. Solo dio lo sa, solo la totalità lo può sapere”.

Non giudicare, altrimenti non sarai mai unito alla totalità. Sarai ossessionato dai frammenti, vorrai trarre delle conclusioni basandoti solo su dei particolari. Una volta che hai espresso un giudizio, hai smesso di crescere. Di fatto, il viaggio non finisce mai. Un sentiero finisce, e ne inizia un altro. Una porta si chiude, e un’altra se ne apre…