Matrimonio o convivenza? Parliamone

Oggi facevo sull’argomento queste considerazioni con una ragazza in cerca della sua prima casa con l’attuale “ragazzo”. Si conoscono da due anni, stanno bene insieme, lavorano entrambi è arrivata l’ora di andare a vivere insieme, ma non di sposarsi, perché “tanto è uguale”.

Sarà proprio vero? Dalla mia esperienza in termini psicologici, e a livello di normativa, ho fatto le mie ricerche, in realtà non è proprio la stessa cosa!

Vediamo insieme cosa succede se si decide di sposarsi o andare a convivere.

Partiamo dai Significati:

matrimonio: secondo l’autorevole Treccani: Unione fisica, morale e legale dell’uomo (marito) e della donna (moglie) in completa comunità di vita, al fine di fondare la famiglia e perpetuare la specie. La parola matrimonio deriva dalla parola latina matrimonium, che, a sua volta, è un derivato della parola mater, che significa madre.(dal web)

convivenza: Vivere insieme, abitare nella stessa casa. Fare vita comune come marito e moglie pur non essendo sposati

Sebbene dal punto di vista affettivo, se ci si ama, il fatto di essere sposati o meno non fa la differenza, dal punto di vista psicologico non è proprio così e neanche dal punto di vista sociale.

IL MATRIMONIO

Il matrimonio è un rito di passaggio nel quale i due fidanzati acquisiscono uno status ufficiale condiviso dalla collettività e diventano famiglia. La cerimonia sancisce il momento e simboli come la fede nunziale ne permettono il riconoscimento dello status a livello sociale. A livello psicologico sposarsi può essere considerato rassicurante come il momento in cui si finisce di cercare e si decide di stare con quella persona per sempre, ma ricordate che non è una data di fine (come nelle favole) ma una data di inizio. Non bisogna pensare solo alla festa, ma a ciò che significa e a ciò che segue. Ci vuole impegno, pazienza e amore affinchè un matrimonio funzioni. Insieme a valori condivisi, all’accettazione dell’altro e all’idea che spesso i sacrifici sono necessari.

LA CONVIVENZA

Nella convivenza il riconoscimento del legame è un fatto personale della coppia, non avviene alcun riconoscimento dall’esterno. Il passaggio da “io e te” a “Noi” non è sancito da un “rito di passaggio” che definisce un momento dall’altro nella vita di due persone.

Diritti e doveri si definiscono autonomamente in base alle proprie caratteristiche personali e non vengono imposte da un contratto. Dal punto di vista sociale è spesso considerato come un rapporto di serie B.

Dal punto di vista strettamente psicologico, perché si dovrebbe scegliere la convivenza? -Per sentirsi più liberi- -Per non pagare gli avvocati in caso di incomprensioni – sono le risposte più frequenti.  Ma io credo che si sia di più. Forse non si è certi del legame? Forse si cerca una via di fuga al bisogno? Forse ci si dà un’altra possibilità se si cambia idea?

Credo sia necessario essere onesti nel rispondere anche ad altre domande come:

-Sono in grado di prendermi un impegno nel lungo termine?- –  Penso di arrendermi alla prima difficoltà o voglio lottare per il mio rapporto?-


Quindi sposarsi o convivere?

Vediamo cosa succede se ci sono figli.

Per il bambino se i genitori convivono o sono sposati per il suo sviluppo non c’è alcuna differenza. Per un bambino conta solo come si trattano la mamma ed il papà, se si amano, se lo amano e se c’è serenità in casa. Anche dal punto di vista dei diritti essere figli naturali o legittimi è lo stesso infatti sussiste l’obbligo al mantenimento e all’istruzione per entrambi i genitori.

La differenza, riguarda la parentela con le famiglie d’origine dei genitori. Un figlio naturale non ha legami di parentela con i fratelli dei genitori e con i loro figli: attenzione “per la legge” il bambino non ha né zii nè cugini. Il vincolo di parentela, a livello giuridico, si ha solo in linea diretta ovvero con i nonni. Questo comporta inevitabilmente anche delle differenze per i diritti di successione: il figlio naturale eredita solo dai genitori e dai nonni, mentre il figlio legittimo eredita da tutti i parenti fino al sesto grado di parentela. Sono in corso delle variazioni giuridiche, ma attualmente questa è la situazione.

Altre cose da considerare: se il bimbo nato al di fuori del matrimonio non viene riconosciuto dal padre, solo la mamma ha dei doveri verso di lui. Se i neogenitori dovessero lasciarsi, se il papà non contribuisce al suo mantenimento bisognerà rivolgersi al Tribunale dei Minorenni. Il  riconoscimento è importante anche per tutelare il diritto del papà nel visitare il suo bambino e partecipare alla sua educazione.

Inoltre se la coppia è sposata automaticamente il bambino acquisisce il cognome del padre e la denuncia di nascita può essere effettuate indifferentemente dalla mamma o dal papà alla direzione sanitaria dell’ospedale di nascita oppure all’ufficio anagrafe del comune di residenza mentre in caso di convivenza devono recarsi entrambi.

Da ricordare che l’articolo 143 del Codice Civile sancisce diritti e doveri della coppia sposata.   Tra gli obblighi troviamo la fedeltà, la reciproca assistenza, la collaborazione e la coabitazione. Entrambi sono tenuti, in base alle proprie capacità personali ed economiche a contribuire ai bisogni della famiglia.

Questo significa che nella convivenza la donna (in alcuni casi l’uomo) non è tutelata.

Ad esempio se nasce un figlio e ci si lascia il padre non è obbligato ad aiutare economicamente la donna che magari ha lasciato il lavoro per accudire proprio il figlio! DI QUESTE STORIE VE NE POSSO RACCONTARE A DECINE, ma non voglio essere di parte per cui continuo a dare informazioni in modo obiettivo. In caso di separazione legale invece il coniuge con più disponibilità economiche è obbligato ad aiutare il partner e non solo ad accudire il figlio.

Cosa succede se uno dei due coniugi viene a mancare? Se si è sposati l’altro coniuge e figli legittimi ereditano direttamente, mentre in caso di convivenza bisogna redigere un testamento. Solo per le coppie sposate poi è possibile beneficiare della reversibilità della pensione.

Anche nei confronti del fisco le cose non sono le stesse. Se si è sposati ed uno dei due coniugi non lavora può essere a carico del partner lavoratore ed avere dei benefici fiscali, come poter detrarre eventuali spese mediche, mentre ciò non è previsto per il convivente.

Recentemente sono avvenute alcune modifiche al Codice Civile riconoscendo alcuni diritti alle coppie di fatto.

Tra i più rappresentativi evidenzio:

La legge 40 del 2004 ha previsto l’accesso al percorso della procreazione medicalmente assistita anche ai conviventi. Inoltre il garante della privacy nel 2005 ha riconosciuto il diritto di un convivente ad avere notizie di salute sul partner e, in caso di ricovero ospedaliero, di richiedere la sua cartella clinica.

Recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno sancito il diritto del convivente a succedere al partner (in caso di decesso) nel contratto di locazione della comune abitazione e, sempre in caso di disgrazia, di chiedere un risarcimento danni, proprio come accade per le coppie sposate.

Ad ulteriore tutela della donna nell’articolo (342 bis) del Codice Civile, si dispone l’allontanamento dalla casa della coppia del convivente che dovesse comportarsi male nei confronti della compagna, mettendo a rischio la sua integrità fisica e/o morale o la sua libertà.